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Una Ricetta al giorno... ti porta a cena da Siliqua

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LibroRicette365 01In cucina, il caro buon vecchio Escoffier, ci ha insegnato che tra gli chef è indispensabile avere una gerachia, ma quando si devono coordinare in un libro le ricette di ben 365 cuochi? E' questo l'immane lavoro condotto da Luigi Farina ed il suo staff, ideatore del sito www.spaghettitaliani.com, di origini palermitane ma che opera a Napoli ormai da diversi anni. Il libro si chiama "Una ricetta al giorno... leva il medico di torno", 365 ricette, chef storie, una al giorno, tutte rispettose della nostra salute. Realizzare un compendio di ricette sane è stato il principale obiettivo di Luigi Farina ed avendo personalmente testato alcune di queste posso sostenere che sicuramente esso è stato centrato. Il libro è organizzato come una sorta di agenda dove, per ogni giorno dell'anno, è presente una ricetta di uno chef, a Palermo esso si può trovare presso la Libreria Ausonia di Via Ausonia, 70/74.

Luigi Farina è venuto personalmente a promuovere la propria opera in un tour palermitano che ha toccato le seguenti tappe:

  • 4 Aprile ore 11.30 - IPSSEOA Pietro Piazza - Corso dei Mille, 181 - Palermo - Presentazione alla stampa aperta al pubblico del libro, e consegna dei libri, attestati e tessere di Soci dell'Associazione Spaghettitaliani agli Chef siciliani presenti, che hanno inserito una loro ricetta nel libro.
  • 4 Aprile ore 19.00 - Siliqua Accademia del Gusto - Via Grotte Partanna, 32 - Palermo - Coktail di presentazione del libro e cena di gala preparata da alcuni degli chef presenti nel libro (Leo Palma, Giuseppe di Cristina e Giovanni Cappello).
  • 5 Aprile ore 10.30 - Libreria Ausonia - Via Ausonia, 70/74 - Palermo - Presentazione in libreria del libro.
  • 7 Aprile ore 19.00 - Pizzeria Il Baro - Via M. Rutelli, 20 - Palermo - Presentazione del libro e cena con le pizze preparate dallo chef Giuseppe D'Angelo che ha inserito una sua ricetta nel libro.
  • 8 Aprile ore 19.00 - Ristorante Le Case del Priore - Via Cardinale Dusmet, 9 - San Martino Delle Scale (PA) - Presentazione del libro e cena preparata da Salvo Balsano e i figli Danilo e Giuseppe, che hanno inserito tutti e tre una ricetta nel libro.

LibroRicette365 09Personalmente ho partecipato alla presentazione del 4 Aprile 2014 presso l'IPSEOA Pietro Piazza ed alla cena di gala nella sede dell'Associazione Siliquia, dove ho potuto "testare" le ricette, tra l'altro pensate e realizzate da due professionisti della cucina: Leo Palma e Giuseppe Di Cristina.

Durante la presentazione ufficiale svoltasi durante la mattinata presso l'Aula Magna dell'IPSSEOA Pietro Piazza, sono intervenuti, oltre al Dirigente Scolastico Prof. Rosolino Aricò, sempre molto attento alle iniziative cultural-culinarie che possono allargare i punti di vista del suo staff e dei suoi alunni, anche lo stesso Luigi Farina e Daniele Billitteri, sagace giornalista esperto di storia palermitana e ovviamente del cibo della sua terra natìa. L'evento di è concluso con la consegna del libro, diploma e tessera dell'Associazione Spaghetti Italiani agli chef presenti in sala in qualità di contributori del libro. In qualità di contributore, ha ritirato il suo diploma anche Giuseppe D'Angelo, maestro pizzaiolo del Don Robbie Pizza Team e suo delegato regionale, infatti nel libro sono presenti anche delle ricette sulle pizze.

Questo è l'elenco in ordine alfabetico degli chef siciliani che hanno collaborato, completo di giorno dell'anno in cui è stata inserita la ricetta da loro fornita.

Danilo Balsano - 24/01
Giuseppe Balsano - 02/07
Salvo Balsano - 18/04
Pasqualino Barbasso - 18/11
Domenico Bellinvia - 16/09
Benedetto Bisacquino - 10/12
Calogero Sinagra Brisca - 24/02
Salvatore Burgio - 30/08
Pasquale Caliri - 14/07
Giovanni Cappello - 30/12
Salvatore Cappello - 14/02
Carmelo Carnevale - 04/05
Maurizio Cascino - 22/04
Giorgio Cicero - 02/10
Maria Elena Curzio - 28/01
Giuseppe D'Angelo - 14/01
Davide D’Arcamo - 17/02
Giuseppe Deiana - 23/03
Domenico Di Bella - 27/10
Antonio Di Carlo - 05/10
Giuseppe Di Cristina - 29/04
Gioacchino Di Franco - 02/08
Vito Di Lorenzo - 16/12
Gioacchino Di Maio - 06/05
Andrea Finocchiaro - 25/06
Andrea Franzò - 23/07
Giuseppe Ganci - 31/12
Ettore Giordano - 03/09
Giuseppe Giuliano - 24/06
Natale Giunta - 29/12
Riccardo Grasso - 18/02
Stefano Iacono - 27/05
Valentina Laudicina - 20/11
Gian Maria Le Mura - 23/12
Francesco Lelio - 18/12
Roberto Lombardo - 28/10
Fabio Licandro - 19/08
Daniele Lughero - 04/07
Francesca Lupo - 05/09
Massimo Mangano - 23/11
Damiano Mattaliano - 05/05
Leo Palma - 25/04
Agostino Palmisano - 16/11
Davide Palmisano - 22/01
Mario Puccio - 03/03
Giuseppe Roccaforte - 23/01
Gaetano Rumbo - 03/04
Stefano Scarpaci - 24/11
Gioacchino Sensale - 03/06
Gioacchino Trapani - 13/05
Salvatore Viviani - 27/01
Emanuele Vizzi - 12/12

LibroRicette365 03La sera dello stesso giorno, si è quindi svolta la cena di gala presso la sede dell'Associazione Siliqua - Accademia del Buon Gusto, di Filippo Barbiera, sita nei pressi della contrada marinara di Mondello, a pochissimi chilometri da Palermo, durante la quale sono state realizzate alcune ricette del libro realizzate, come già detto, da Palma e Di Cristina coadiuvati dal giovanissimo e promettente Silvio Matranga, appena diciannovenne ed ancora studente dell'Istituto Alberghiero Cascino di Palermo, ha mostrato grande integrazione con i due professionisti, tra l'altro formanti con lui lo staff della banchettistica del Ristorante Il Ghiottone Raffinato dei fratelli Fiandaca. La sala era stata affidata al Prof. Vincenzo Siragusa, docente dell'Istituto Alberghiero Borsellino di Palermo, che coi suoi ragazzi della quarta classe ha gestito il servizio egregiamente.

Ecco il menu della serata.

LibroRicette365 04Antipasto su elaborazione dello Chef Leo Palma
Mousse di baccalà su clementina piccante.
Tiepida caponata di carciofi Sciara su croccante di patata.
Caramelle di punta d’anca con sfere di mozzarelle di Bufala legate con erba cipollina.
Abbinato con ”Tranui”, Catarratto-Sauvignon di Fattorie Azzolino

 

LibroRicette365 06Primo su elaborazione dello Chef Leo Palma
Timbaletto di busiate alla “Petru Fudduni” (ricetta inserita nel libro)
Abbinato con ”Tranui”, Catarratto-Sauvignon di Fattorie Azzolino

 

 

 

LibroRicette365 05Primo su elaborazione dello Chef Giuseppe Di Cristina
Risottino alla mela verde con scaloppe di cappone arrosto in riduzione di agrumi di Sicilia (ricetta inserita nel libro)
Abbinato con ”Tranui”, Catarratto-Sauvignon di Fattorie Azzolino

 

 

LibroRicette365 07Secondo su elaborazione dello Chef Leo Palma
Tacchinella al Nero d’Avola e mille foglie di verdure.
Abbinato con ”Notturno” Nero d’Avola di Fattorie Azzolino

 

 

 

LibroRicette365 08Dessert su elaborazione del Pasticcere Giovanni Cappello
Torta Breton (ricetta inserita nel libro)
Abbinato con ”Dama Cortese”, vendemmia tardiva passita di Fattorie Azzolino

 

 

 

LibroRicette365 02Con due professionisti come Palma e Di Cristina, non ci potevano essere dubbi sulla buona riuscita della cena. Coadiuvati dal giovane Silvio Matranga, con loro perfettamente integrato, i due chef hanno fatto uscire i piatti cucina come se fossero stati preparati per ogni singolo commensale, ciò vuol dire che le cotture, i sapori ed i profumi erano esattamente quelli che ci si poteva aspettare da un menu a la carte, certamente non quello del banchetto che invece era, in sala c'erano infatti un centinaio di persone. Il cosiddetto "banchetto dal volto umano" allora si può fare, con attrezzature normalissime e senza far lievitare i costi, come mi ha poi spiegato Leo, è solo una questione di volontà e, ovviamente, di professionalità. Infatti, mi sono ritrovato a fare il bis di qualche antipasto, della tacchinella e del risotto, ma anche il timbaletto meritava molto. In verità avrei volentieri replicato anche con il dessert, che era stato offerto da Giovanni Cappello, ma per mancanza di quantità mi sono dovuto contenere nonostante la sua bontà. Su una base di sablé breton, una sorta di pasta frolla con meno farina e più uova dal classico effetto croccante e scioglievole in bocca, era stata sistemata una mousse dal piacevole gusto a base di latte, i lamponi decoravano e acidulavano ogni piccolo residuo di dolcezza. Un dolce semplice ma di grande effetto, grazie al perfetto bilanciamento degli zuccheri ed alle particolari caratteristiche del sablé. In questo caso vale bene il detto "buon sangue non mente", il figlio di Salvatore Cappello ha saputo tenere ben alto il nome del suo casato.

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Nuovi pizzaioli a Palermo

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EsamiDonRobbie2- 01Dopo soli 3 mesi, ecco un altro gruppo di pizzaioli sfornati dai corsi del Pizza Team Don Robbie School, sezione Sicilia. La location scelta per lo svolgimento degli esami è stata quella della nuova Pizzeria Al Venti2 di Alessio Lo Galbo, un altro pizzaiolo fresco di corso. Anche questa volta, alla presenza di Robbie Pezzuol, ideatore e anima del team, arrivato direttamente da Rimini, e dei suoi collaboratori locali capitanati da Giuseppe D'Angelo, rappresentante regionale della scuola, numerosi aspiranti hanno completato il proprio percorso con i fatidici esami. Oltre al già citato Pezzuol e D'Angelo, la commissione esaminatrice era formata da Fabrizio Borrelli dell'APY, Accademia Pizzaioli Ytaliani, dallo Chef Alex Mangano e dagli istruttori Vincenzo Mineo e Daniele Vaccarella, alla supervisione delle attività di forno c'erano Pino Vitrano, della Pizzeria Alla Botte e Pietro Scarpinato, della Pizzeria Alle Grotte del Kemonia. Sponsor della scuola e di tutto il team Sicilia, sin dall'inizio della sua formazione, è La Fenice di Bartolo Crivello, azienda attiva da anni nella vendita di farine di qualità. Tre le novità della giornata, la prima era costituita dalla presenza di uno chef della levatura di Alex Mangano, operante nel campo dell'alta cucina, la seconda rappresentata dalla presenza di un esponente di altra associazione ed infine, dalla presentazione ufficiale di un manuale operativo, scritto da Giuseppe D'Angelo insieme ad un suo omonimo, ex allievo recentemente diplomato.

EsamiDonRobbie2- 02Queste novità, secondo me, costituiscono un momento di svolta del team e per certi versi per l'arte del pizzaiolo. La presenza di uno chef può sicuramente contribuire ad estendere la conoscenza dei condimenti utilizzati nelle pizze, curando al massimo gli abbinamenti degli ingredienti e quindi profumi e sapori, tendenza ormai sostenuta da più correnti nazionali, compresa quella di Robbie Pezzuol.

Altro argomento, da sempre promosso e sostenuto da Pezzuol, è la collaborazione tra associazioni, perchè viene spontaneo pensare che: "tra pizzaioli bisogna fare la pizza e non la guerra" ! Con la presenza in commissione di Fabrizio Borrelli, della Pizzeria L'Arte Bianca, rappresentante locale dell'APY, gli esami, importante e cruciale fase della vita del Team Don Robbie, vengono aperti all'esterno.

Infine, la stesura di un manuale, utilizzabile dai corsisti, che al suo interno codifica e spiega impasti e tecniche, può sicuramente migliorare l'apprendimento, ma anche costituire un potente strumento di riferimento per il pizzaiolo già diplomato o anche solo curioso di conoscere ed approfondire il proprio mestiere. Esso è stato scritto a 4 mani, con l'esperienza di Giuseppe D'Angelo Senior, istruttore pizzaiolo, e del suo allievo omonimo Giuseppe D'Angelo Junior, il quale, fulminato dalla pizza, ha convertito la sua precedente attività di guardia giurata in specialista degli impasti, trovando in essi un nuovo lavoro.

EsamiDonRobbie2- 03Giuseppe D'Angelo, inoltre, al termine dell'attività di valutazione, ha nominato Rosario Di Giovanni nuovo responsabile scuola il quale, da semplice esaminato, è così diventato parte integrante del direttivo locale. Rosario, durante il corso, ha dimostrato grande caparbietà e al momento dell'esame ha sfoggiato le sue conoscenze nutrizionali, derivanti dalla patologia diabetica della quale è afflitto, presentando una pizza a basso indice glicemico.

Questi sono stati i punti salienti della giornata che hanno arricchito l'assegnazione dei seguenti attestati, in ordine rigorosamente alfabetico:

Ignazio Bertini;
GiovanBattista Bonanno;
Stefano Di Blasi;
Rosario Di Giovanni;
Federico Grassadonia
;
Fabio Lipari;
Giorgio Noto;
Domenico Pizzurro;
Nicolò Regina;
Antonino Turdo;

Quindi, da oggi, ci sono altri 10 pizzaioli che praticheranno la maturazione dell'impasto, per fornire ai propri clienti una pizza più digeribile e quindi più salutare, alcuni sono in cerca di lavoro, altri opereranno fuori dalla Sicilia, altri ancora, invece, saranno a portata della mia rubrica Pizza buona si può!

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La storia della granicoltura siciliana in un campo

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Stazione2014 01Il mio primo contatto con i grani antichi siciliani avvenne nel 2003, grazie al Panificio Badamo di Isnello, ma li promuovo attivamente dal 2011, anche se parlare di Tumminia o Russello, solo 3 anni fa, era comunque una grande novità. Oggi, invece, quasi tutti li conoscono o ne hanno sentito parlare e chi li promuove, a parte i produttori che ne hanno fatto una bandiera, spesso si qualifica come esperto, anche se arrivato all'ultimo minuto. Non a caso, il logo di CucinArtusi.it ha alla sua base un giallo campo di grano.

In passato ho approfondito le mie conoscenze agronomiche, nutrizionali e salutistiche grazie a produttori, trasformatori, ricerche dell'Istituto Tumori di Milano, il Consorzio Ballatore e tanto altro, ma non avevo mai visitato quella che, a tutti gli effetti, rappresenta la struttura più importante della filiera granicola siciliana: la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia di Caltagirone.

Il contatto, peraltro semplice e immediato, tra me e Nello Blangiforti, agronomo della struttura, è sfociato in un invito per lo scorso 29 Maggio 2014, in occasione della Giornata di Campagna organizzata dall'istituto, permettendomi di colmare una mia grande lacuna. Il programma prevedeva un convegno, un giro tra i campi e, dopo una sosta per il pranzo, anche un momento di discussione con il pubblico intervenuto.

Stazione2014 02Durante la prima fase, quella del convegno intitolato "Durum Wheat Biodiversity" e realizzato nell'ambito della Misura 111 del PSR Sicilia 2007-2013, sono state illustrati le grandi opportunità costituite dalla granicoltura siciliana, i numerosi punti affrontati durante le relazioni presentate, possono essere riassunti come di seguito: storia dell'ente, micotossine, caratteristiche nutrizionali e salutistiche, identificazione delle varietà, micorizzazione e problematiche amministrative dell'ente.

I qualificati relatori sono stati anticipati dall'intervento di Gianfranco Venora, direttore della struttura, che ha esordito raccontando la storia di quello che oggi rappresenta un importante avamposto della salvaguardia della biodiversità siciliana e quindi mondiale. La Stazione Sperimentale venne costituita come consorzio nel 1927, in seguito alla necessità di autonomia delle materie prime scaturita dalle politiche del ventennio fascista. Benito Mussolini, così come fece in altri campi, promosse la ricerca scientifica della granicoltura nel luogo più adatto, in questo caso quello che fu il granaio dell'impero romano: la Sicilia. L'istituto ebbe la prima sede nel Bosco di Santo Pietro, poi a Catania, infine a Caltagirone per poi tornare recentemente in quella che fu la sua collocazione di origine, in una incontaminata riserva, sempre a pochi chilometri dal paese di Caltagirone. La sede è stata ristrutturata per metà, ma per il rimanente 50% stanno per iniziare i lavori che ne faranno un centro di divulgazione scientifica ancora più bello e funzionale. La prima ricerca compiuta dall'istituto, ad opera di Ugo De Cillis suo direttore iniziale, fu quella di catalogare e conservare tutte le circa 50 varietà di grano coltivate in Sicilia, è solo grazie ad essa e alla pubblicazione "I frumenti siciliani", che le raccoglie e illustra, se oggi, quel prezioso patrimonio di biodiversità è ancora intatto.

Stazione2014 03Gianfranco Venora, direttore da soli due anni, dopo averne trascorso più di 30 come dipendente in qualità di biologo, ha trascorso gli ultimi 20 studiando un sistema di identificazione sicura dei grani. Egli ha utilizzato due concetti presenti in altri campi di identificazione, quello dei marcatori microbiologici e quello della ricognizione delle immagini. In un recente passato mi sono già occupato delle ricerche per la tracciatura e identificazione dei prodotti caseari di Capra Girgentana e Vastedda del Belìce condotti da Baldo Portolano, docente e ricercatore del Dipartimento Agrario dell'Università di Palermo. Il sistema studiato ed applicato da Portolano, ma utilizzato anche in altri ambiti, consiste nell'identificazione di alcuni marcatori genetici caratterizzanti, da riscontrare poi con dei semplici ed economici esami di laboratorio. Il sistema di Venora, si basa sempre su dei marcatori, ma in questo caso costituiti da una sorta di impronta morfologica numerica tratta da una foto o scansione la quale, una volta codificata, consente di essere sovrapposta ad un'immagine del seme, al fine di riscontrarne le similitudini e trarne un risultato percentuale di coincidenza. Un sistema molto semplice e poco costoso, utilizzabile anche remotamente, le scansioni di un seme possono essere inviate via email, ma altamente preciso ed esportabile in altri contesti, come ad esempio quello delle leguminose, tra l'altro già in fase di studio presso lo stesso istituto.  Il "Metodo Venora", come mi piace chiamarlo, è stato già messo a punto e attende solo il completamento del database di riferimento prima di essere pubblicato e aperto alla comunità scientifica. La Stazione di Granicoltura ha già applicato con successo il "Metodo Venora" ai semi delle varietà autoctone viticole della regione Sardegna, riconoscendole e catalogandole in maniera univoca. Un'altra applicazione dell'analisi di immagine, messa a punto da Venora e dal suo staff, è quella della valutazione della "bianconatura", un parametro classificatorio della granella. Con un apposito apparecchio, costituito da una piccola fotocamera e un computer portatile, si potrebbe, facilmente ed in pochi secondi, stabilire l'alterazione dell'endosperma della cariosside, (parte interna del chicco di grano), in modo da attribuire la giusta categoria di prezzo al prodotto.

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Stazione2014 04Durante il convegno, Giuseppe Russo, biologo-nutrizionista del Consorzio Ballatore di Palermo, altro ente che si occupa della granicoltura siciliana dal punto di vista del monitoraggio e divulgazione delle varietà, ha approfondito le importanti tematiche degli aspetti nutrizionali e salutistici dei grani duri siciliani, antichi e moderni. E' noto come in Sicilia il fenomeno delle micotossine sia quasi assente, esso sono delle sostanze cancerogene prodotte da muffe che affliggono il raccolto non solo in pianta, ma anche durate il trasporto e lo stoccaggio, in quasi tutte le parti del mondo. In Sicilia, grazie alle particolari condizioni di clima secco, esse non si formano se non in misura molto limitata, agevolando la riduzione dell'uso di fitofarmaci e la produzione in regime biologico. Inoltre, il glutine dei grani antichi siciliani, possiede un proteina più semplice o comunque più facilmente riconoscibile dagli enzimi del nostro stomaco preposti alla loro digestione, facilitandone la metabolizzazione e scongiurando la cosiddetta G.S., cioè quella che gli americani chiamano "Gluten Sensitivity", intolleranza che si pensa possa dipendere dall'uso dei grani moderni, portatori di proteine più complesse, addirittura si pensa che una delle cause della celiachia possa dipendere da un mancato riconoscimento di tali proteine. Quindi, anche se il grano duro siciliano non ha particolari attitudini alla pastificazione è particolarmente indicato in caso di lievitazione, bisogna tenere presente che è comunque più ricco di antiossidanti, di antitumorali chiamati "lignani" ed ha un indice glicemico tendenzialmente più basso, di circa la metà rispetto a quello del grano tenero. Inoltre, Giuseppe Russo, ha concluso il suo intervento affermando che il pane e la pasta di grano duro, soprattutto se siciliani e di antico germoplasma, non fanno ingrassare! Anzi, sono nutrizionalmente interessanti e salutari per la nostra alimentazione.

A causa delle micotossine, non bisogna però demonizzare le muffe, ne esistono di buone e di utili, come ad esempio la penicillina, ma ci sono altri ceppi che possono essere molto interessanti in campo agronomico. Alla Stazione di Granicoltura si sta infatti sperimentando la "micorizzazione dei semi". Chi si occupa della coltivazione dei funghi o è agronomo sa bene cosa sia la micorizzazione, inoltre i meccanismi simbiotici tra piante e funghi sono ben conosciuti. In sostanza, si tratta di applicare particolari ceppi fungini ai semi i quali, una volta piantati e germogliati, verranno agevolati nell'assunzione dei nutrienti del terreno, grazie alla simbiosi che si viene a creare naturalmente. I risultati sono evidenti, sia nel grano che nei legumi, come si può evincere dal confronto visivo delle parcelle di campo trattate e non trattate, in sperimentazione presso l'istituto.

La Stazione è inoltre sempre stata molto attiva nel miglioramento delle varietà cerealicole, costituendone spesso di nuove. Grazie ad opportuni incroci e selezioni, presso l'ente sono nati il Simeto, oggi molto diffuso in tutta la Sicilia, il Capeiti, il cui ideatore, Prof. Calcagno, era presente in sala in qualità di ex direttore dell'istituto, ma anche il Platani, il Russello SG8, la Tumminia SG3 e, nel campo delle leguminose, la lenticchia Mirta, i ceci Principe, Califfo e Sultano, nonchè le veccie Gran Veliero e Velox.

Stazione2014 05Ovviamente, non posso certamente tralasciare l'approfondimento dell'obiettivo principale dell'ente, esso è quello di custode dell'identità del grano siciliano e svolge questo compito in modo semplice ma gravoso. Invece di utilizzare fantascientifiche tecniche criogeniche, è stato usato l'approccio della semina a rotazione e la conservazione dei semi in frigo a +5 gradi sottovuoto per un massimo di 5 anni. Questo però non consente la disponibilità di grandi quantitivi di semi che comunque l'istituto, in piccole dosi, ha sempre fornito soddisfacendo ogni richiesta. Da quest'anno, invece, è iniziata la raccolta degli ordini anche per quantità considerevoli, ma con dei vincoli. Solo i granicoltori in possesso di un accordo di filiera, finalizzato all'uso e promozione dei grani antichi, potranno richiedere la moltiplicazione, dietro congruo pagamento, delle varietà necessarie. Sarà cura della Stazione, nel corso di una stagione di produzione, moltiplicare e certificare la purezza delle varietà, per poi fornirla al richiedente.

Un altro servizio prestato a terzi dall'istituto è quello delle analisi grazie al ben attrezzato laboratorio, tra l'altro comprensivo di un piccolo molino e forno per la panificazione, tramite il quale vengono condotti anche valutazioni sensoriali per il,prodotto finito.

Stazione2014 07E' però inspiegabile come l'attività dell'ente, già a ridotto organico, dall'eccellente curriculum, con le straordinarie prospettive delle ricerche già effettuate e con un mercato che sempre di più si orienta verso la granicoltura sana di una volta, sia invece totalmente bloccata e costretta a gestire solo l'amministrazione ordinaria, a causa della mancanza di una figura amministrativa ormai dal Febbraio 2013, indispensabile per consentire l'utilizzo dei fondi già stanziati e la partecipazione ai nuovi bandi di ricerca. Di questa situazione, la politica ha provato a dare risposta durante il convegno, grazie alla presenza della deputata Angela Foti, che al parlamento regionale sta cercando di perorare la causa dell'istituto, ma soprattutto con il Dott. Santo Primavera, capo gabinetto del nuovo assessore all'agricoltura Paolo Reale. Ovviamente, in questa occasione, il Dott. Primavera ha potuto solo registrare le problematiche dell'ente, fase comunque indispensabile per poterle poi sottoporre all'assessore di riferimento. Non si tratta di dover stanziare denari, bensì solo di nominare una figura amministrativa presidente o commissario che sia, ma senza una reale volontà politica nulla si potrà risolvere e noi siciliani continueremo a rischiare di perdere la biodiversità che l'istituto custodisce, insieme a quelle ricerche, curate da precari che a volte prestano gratuitamente la loro opera, che potrebbero farci diventare un punto di riferimento mondiale nel campo della granicoltura. In sostanza, la struttura attualmente si regge in piedi, con dei risultati, grazie all'impegno ed alla passione di un manipolo di uomini, che credono in quello che fanno come se fosse una missione!

Durante il convegno, si è ovviamente parlato anche di Born in Sicily, un concetto innovativo diventato legge grazie a Dario Cartabellotta, precedente assessore all'agricoltura, ma ancora senza applicazione pratica poichè manca, anche in questo caso, la nomina della commissione esaminatrice per la biodiversità che dovrà procedere ad inserire le varietà nel previsto albo. Anche in questo caso non ci sono soldi da stanziare, solo delle nomine a costo zero da effettuare, magari di esperti già dipendenti dell'assessorato, e ce ne sono parecchi, ognuno ferrato nel proprio campo di attività. Si potrebbe mettere insieme una bella commissione di valutazione e iniziare a popolare il prezioso elenco, in modo da premiarlo tramite i bandi del prossimo PSR Sicilia, tutto ciò, ripeto, senza gravare sulle casse regionali e sempre volontà politica permettendo.

Stazione2014 06Dopo un tour presso la vicina Azienda Vaccarizzo, sede dei campi di collezione e moltiplicazione di grani e legumi, la giornata di campagna si è conclusa presso l'agriturismo Terra Nostra, una cooperativa sociale attiva all'interno della riserva di Borgo Santo Pietro. Dopo un buffet a base di prodotti preparati con grani antichi e sane verdure locali, si è aperto un dibattito tra pubblico ed esponenti della filiera granicola siciliana. L'imprenditore Giuseppe Li Rosi, di Terre e Tradizioni di Raddusa (CT), ha raccontato le sue peripezie nel reintrodurre i grani antichi nella sua azienda, ma anche di come hanno decretato il successo della sua impresa. Poi è stata la volta del Dott. Paolo Guarnaccia, ricercatore della Facoltà di Agraria dell'Università di Catania, il quale ha spostato il focus sull'agricoltura biologica, biodinamica e di come i grani antichi costituiscano un esempio di colture sostenibili, inoltre, secondo Guarnaccia, oggi il nostro grano è paragonabile al vino siciliano di pochi decenni fa, viene cioè utilizzato per tagliare altri cereali con lo scopo di abbassarne il livello di micotossine o di elevarne altre caratteristiche organolettiche e/o nutrizionali. Infine, Roberto Angileri, amministratore delegato della Pro.Se.Me. di Piazza Armerina (EN), ha parlato delle problematiche del comparto, ma anche dell'attività di ricerca condotta dalla sua azienda che, pochi anni fa ha rilevato il pastificio Cerere, già produttore dell'ottima Pasta Ceccato e oggi anche di Valle del Grano, preparata totalmente con grano duro dichiaratamente italiano, già questa una conquista, ma anche in grado di assicurare verbalmente, non potendolo scrivere per delle stupide normative, la provenienza siciliana della materia prima.

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A Sant'Agata di Militello, un Gran Galà ed un Gran Territorio

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Santagata2014 00La zona costiera dei Monti Nebrodi si compenetra perfettamente con la parte montana, grazie alla poca distanza tra i mari ed i monti, accrescendo la dotazione culturale, paesaggistica e ovviamente enogastronomica di quegli stupendi territori. I due intensi giorni da me trascorsi a Sant'Agata di Militello il 16 e 17 Agosto 2014, mi hanno consentito di esplorare meglio paesi e gastronomia, ma soprattutto di seguire un giovane chef che, dopo Palermo, è emerso anche in quei luoghi: Gioacchino Sensale, pluripremiato membro, ormai da più di dieci anni, del Culinary Team Palermo.

Santagata2014 01Il mio viaggio inizia grazie alla manifestazione del Gran Galà dell'Estate, giunto quest'anno alla sua decima edizione fortemente voluta dalla locale amministrazione di Sant'Agata di Militello, oggi guidata dal Sindaco Carmelo Sottile. Una vera e propria kermesse con Marina Suma come madrina e durante la quale, nella serata di Sabato 16 Agosto, tra sfilate di moda di importanti stilisti ed artisti di levatura nazionale, sono stati assegnati riconoscimenti alla carriera a personaggi locali ed eletti Mister Italia Sant'Agata di Militello, Mister Eleganza, Mister Cinema, Mister Fitness e Boy Italia per le rispettive selezioni nazionali. L'evento è stato organizzato da Michele Fallo con Saro Parisi e condotto da quest'ultimo, un presentatore che per bravura e professionalità, nonchè per conterraneità, viene giustamente accostato a Pippo Baudo. Nell'ambito dei riconoscimenti professionali consegnati durante la serata, uno dei premi "Protagonisti d'oggi 2014" è stato conferito a Gioacchino Sensale, solo da pochi mesi impegnato nell'insegnamento presso una scuola professionale locale.

Santagata2014 02Domenica 17 Agosto, invece, presso il Palazzo Gallego di Sant'Agata di Militello, si è svolto un convegno della serie "Coltiviamo sviluppo...", dal titolo: "Le risorse della ruralità: dagli antichi mestieri al turismo enogastronomico", anticipato da una mostra di artigianato. Alla presenza delle autorità locali, rappresentate dal Sindaco Carmelo Sottile e dall'Assessore al Turismo e Beni Culturali Nino Testa, con la moderazione del conduttore Saro Parisi, il dirigente della Soat locale Pippo Ricciardo, ha chiarito subito che il termine rurale non va inteso come riguardante soltanto il comparto agricolo di un territorio, bensì la sua totalità, quindi comprendente anche quei mestieri in via di scomparsa che una volta lo sostenevano economicamente e che potrebbe tornare a farlo ancora oggi e pertanto diventare anche un volano turistico. Di pregevole valore storico, invece, l'intervento del Prof. Massimo Ioppolo Presidente del Museo Storia Patria di Tortorici, incentrato sugli antichi mestieri e sull'arte campanaria tortoriciana. Il convegno è stato chiuso dalla relazione del Prof. Nicolò Romano, dell'Associazione AmbienteSicilia, appassionato botanico e profondo conoscitore di più di 200 varietà vegetali del territorio nebroideo, da lui raccolte e coltivate in un appezzamento di terreno presso Alcara Li Fusi, e dal buffet di Bontà Nostra, una salumeria di Sant'Agata attiva anche nel catering, ideata e condotta da Salvatore Armeli seguendo dei principi di qualità insoliti per una provincia, ma anche per la grande città.

Santagata2014 03Hotel Palazzo Fortunato

Fino a poco più di un anno fa, a Sant'Agata di Militello, mancava una struttura ricettiva di alta categoria in grado di attirare un turismo sempre più esigente. Oggi, l'offerta alberghiera della zona è stata colmata dalla volontà imprenditoriale di una famiglia di Messina, composta dai fratelli Giuseppe ed Elena Smidile, che hanno acquisito e ristrutturato un importante bene architettonico, ormai abbandonato dalla Curia locale, portandolo così a nuova vita. Palazzo Fortunato di via Peschiera a Sant'Agata ha subìto un complesso restyiling, in esso oggi predominano architettura e arredamento moderno e funzionale, con degli innesti antichi chiaramente provenienti dalla struttura originale, caratteristici sono infatti gli affreschi e le decorazioni, totalmente recuperati, presenti nella suite. In sostanza, un 4 stelle che mancava in quel territorio e che, grazie all'accoglienza dei fratelli Smidile, rappresenta oggi un'importante risorsa della ricettività di Sant'Agata. I prezzi, contrariamente a ciò che si possa pensare, nonostante la categoria ed i servizi, sono molto interessanti soprattutto rispetto ad alberghi analoghi o di categoria inferiore.

Santagata2014 08Ristorante Ambrosia

Di questo locale avevo sentito parlare bene, pertanto, armato di fotocamera e faretto, mi sono incamminato verso Alcara Li Fusi per redigere una dettagliata recensione che vi proponqo qui. Franco Agliolo nei suoi piatti, non applica tecniche di trasformazione complicate, tranne che per le particolari cotture a bassa temperatura e sottovuoto utilizzate in quasi tutte le carni pertanto, le materie prime, non sono mai stravolte, piuttosto egli gioca molto con gli abbinamenti tra sapori, proponendo al cliente una ricetta della tradizione locale o italiana in generale, vista però da un'angolatura che riassume il suo pensiero di quel particolare momento.

Santagata2014 04Trattoria Fratelli Borrello

Transitando in prossimità del paese di Sinagra, come non approfittarne per incontrare Pippo Borrello che, insieme ai fratelli Franco e Graziella, sono i creatori di un importante punto di riferimento per la ristorazione agrituristica locale. A parte i riconoscimenti di guide e giornali, quello che poi alla fine conta è il gradimento del pubblico, che nel corso di tanti anni non è mai mancato, anzi, è andato sempre aumentando. Il merito va individuato prevalentemente nella qualità dei prodotti offerti, dal suino nero allevato in proprio ai salumi e formaggi prodotti all'interno dell'azienda agricola, cardini di un successo che non consente più margini di errore.

Santagata2014 05La Casa della Natura

Sempre a Sinagra, è recentemente nato un liquorificio che presta molta cura alle materie prime utilizzate ed hai processi di produzione. Attilio e Rossana Faranda, rispettivamente padre e figlia, ci tengono a proporre un prodotto che lasci il segno nel palato dei propri clienti. Le loro etichette più richieste sono quelle dell'Agrumello, un sapiente mix di limoni, arance e manderini locali e del Nocciolino, preparato con le famose nocciole dei Nebrodi. Fanno parte dell'offerta anche il Myrtus, il Nocino, il Prugnolino tutti prodotti con i frutti del rigoglioso Parco dei Nebrodi, ma anche un innovativo liquore al cioccolato piacevolmente aromatizzato all'arancia.

Santagata2014 06Birrificio Epica

Sarà un caso, ma a Sinagra, dopo la Birra Irias nel vicino paese di Torrenova, è recentemente sorto un altro birrificio che sta iniziando a far girare la testa a numerosi appassionati di birra artigianale, e non per l'alcol dei suoi prodotti. Inaugurato lo scorso 5 Luglio 2014 e subito presente alla mia MonrealeDOC il 6 e 7 dello stesso mese, hanno affiancato alla Eolo, prima loro etichetta bionda stile Pale Ale, anche una rossa American Pale Ale chiamata Polifemo, ed attualmente è fermentazione anche la Waizen Cerere.

Santagata2014 07Birrificio Irias

Di Irias ormai ho detto di tutto e di più, ho già pubblicato parecchio materiale su di esso, ma lo cito perchè comunque rappresenta un'azienda di quel territorio che ha deciso di applicare la qualità, condita con un bel po' di originalità, ai suoi prodotti. E' ormai famosa la Indica, birra al ficodindia che mi fregio di avere tenuto a battesimo in un mio laboratorio a Roccapalumba, un paio di mesi prima che uscisse sul mercato, e dopo nei miei Abbirriamo, ma ci sono anche altre etichette, l'Ambra, l'Aura, la Nigra e la Rubra, tutte interessanti e per qualunque palato.

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Anche in estate il Team Don Robbie sforna pizzaioli

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CorsoAgosto2014 01L'estate palermitana non ferma il Pizza Team Don Robbie School, infatti, dopo i canonici tre mesi di corso, più qualche altro giorno per seguire gli inevitabili ritardatari, lo scorso 19 Agosto 2014 in piena calura estiva, presso la Pizzeria Alla Botte di Pino Vitrano a Misilmeri, sede della scuola, si sono svolti gli esami di pizzaiolo degli ultimi corsisti.

La commissione degli esaminatori era composta, in ordine alfabetico, da: Giacomo Callari, ideatore di Sapori di Sicilia Magazine, Giuseppe D'Angelo, maestro pizzaiolo e rappresentante del team in Sicilia, Salvatore D'Antoni, chef, Alex Mangano, chef, Vincenzo Mineo, maestro pizzaiolo specializzato in sfincione, Daniele Vaccarella, maestro pizzaiolo, e con gli istruttori Pietro Scarpinato e Pino Vitrano in qualità di assistenti al forno. Stavolta, in commissione, c'erano ben due chef, segno lampante della sempre maggiore saldatura tra i due mondi, quello della cucina e quello della pizzeria. I nuovi pizzaioli, invece, in ordine di uscita erano i seguenti: Jerry Passantino, con la sua pizza gluten free; Tommaso Di Bella, con un interessante impasto con inserimento di canapa ed un piacevole abbinamento a base di ananas e salmone; Armando Li Bianchi, con un impasto a base di kamut; Salvatore Walter Caltagirone, con una 6 cereali; Giuseppe Sciambra, con un impasto ad alto contenuto di rimacino; infine, Vittorio Cartaino, con un insolito, ma buono e croccante, impasto a base di doppio zero, tipo 1 ed un azzardoso 25% di farina di mais.

CorsoAgosto2014 02I corsi tenuti dal team diventano ad ogni sessione sempre più vasti e più lunghi, a dispetto delle ore di corso normalmente programmate, affrontando argomenti non sempre scontati per un profilo di pizzaiolo, anche se comunque correlati, come ad esempio la panificazione, mentre il lievito madre è ormai un tema obbligatorio. In commissione c'era dunque Vincenzo Mineo, un vero esperto di "sfincione", la tradizionale pizza palermitana, ma anche Alex Mangano, studioso del "cuddurune", un altro antico esempio di pizza locale, una tempo realizzata con la pasta del pane avanzata, stesa grossolanamente e condita con pomodoro, pezzetti di caciocavallo e acciuga. Ovviamente, questi impasti originariamente venivano preparati senza il metodo della maturazione, ma io immagino di applicarvi le nuove tecniche di lievitazione, come d'altronde Vincenzo già esegue da tempo, al fine di alleggerire la nostra digestione! Questa passione di Alex per gli impasti non è per niente passeggera, infatti, lo chef sta ponderando la possibilità di inserirsi in prima persona in questo settore, sarà tra qualche settimana o fra pochi mesi, ma vi garantisco che vigilerò sui fatti e vi informerò appena possibile.

Quindi, appuntamento a Settembre, quando inizierà il nuovo corso, oltre alla pizza arriveranno anche i pani marmorizzati e quelli aromatizzati.

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Caponata Fest, Trapani e dintorni

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La CaponataCaponata2014 01

La storia più diffusa sull'origine della caponata racconta che i nobili di un tempo amassero mangiare il pesce capone, cioè la lampuga, con una salsa agrodolce, fin qui nulla di nuovo, il pesce in questione, a causa della grassezza delle sue carni l'agrodolce, come si suol dire, se lo tira tutto! Scendendo però nella scala sociale di qualche epoca fa, si arriva ad un popolo che non è in grado di permettersi il pesce, in quanto troppo costoso, ma nel suo perenne tentativo di emulare i ricchi, prepara lo stesso condimento agrodolce e lo utilizza con la melanzana, ortaggio che evidentemente doveva essere abbondante e quindi a buon mercato. Questa è la versione ufficiale più accreditata sulla nascita della caponata, però, sorge l'incongruenza dello zucchero o del miele che in sua vece sicuramente veniva usato, altri alimenti costosi, ma indispensabili all'agrodolce, che fanno dubitare della loro disponibilità per le classi meno abbienti, almeno al pari del pesce capone, se non di più. Inoltre, mi si permetta una nota stagionale: il capone frequenta i nostri mari solo nel periodo autunnale, da settembre a massimo novembre, anche se oggi, coi moderni pescherecci, si riesce ad estendere questo periodo, di qualche mese, pratica anticamente non fattibile, inoltre in mancanza di serre, il pomodoro fresco, tra l'altro arrivato in Europa dopo il 1492, andava inesorabilmente da maggio a settembre e così le melanzane ed i peperoni da giugno a ottobre, troppi ortaggi non di stagione per avallare questa tesi. Inoltre, anticamente, i periodi stagionali degli ingredienti in questione dovevano essere ancora più ridotti e quindi meno sovrapponibili rispetto a quelli di oggi provenienti dall'agricoltura moderna. Pertanto, le incongruenze che si delineano per questa tesi del capone sostituito con le melanzane, sono troppe e ben documentabili.

Difatti, per dipanare la matassa dell'origine della caponata, ci viene in aiuto Gaetano Basile, storico, giornalista e scrittore da me interpellato che ha risposto gentilmente alle mie domande grazie ai suoi approfonditi studi condotti in passato sull'argomento. Il Basile, com'è suo solito, parte da lontano e inizia fissando nell'antica Persia l'origine dell'agrodolce, addirittura ammantandolo di significati filosofici-religiosi relativi alla contrapposizione delle forze, sole-luna, bianco-nero e perchè no anche dolce-aspro. I persiani dell'epoca erano però conquistatori e viaggiatori, così un bel giorno, questa salsa agrodolce arrivò anche in Sicilia, d'altronde quello era un periodo che sull'isola arrivava di tutto! Questa salsa raggiunse in breve una certa diffusione tra il popolo ed i marinai, i primi la utilizzarono per condire delle insalate, mentre i secondi la usarono su diversi loro alimenti, ma anche su un biscotto duro e insipido definito "galletta", che in gergo comune era chiamato "cappone di galera". Da cappone a capponata e poi caponata il passo è stato breve, dice ancora il Basile, fissando quindi una sua prima origine a bordo della antiche navi chiamate appunto "galere".

Sempre secondo il Basile, una seconda possibile origine è da ricercarsi nella cucina baronale di un tempo, quando si faceva largo uso di cacciagione e per conservare fagiani, lepri e... capponi si utilizzava una salsa in agrodolce che diede così vita alla "capponata".

Fino alla citazione di un libro stampato a Messina nel 1759 però, non si parla ancora di melanzane, poichè in esso si definisce la caponata come un "piatto fatto di cose varie".

Finalmente il Mortillaro, nel suo dizionario del 1868, citò pesce, melanzane e carciofi tra gli ingredienti del piatto chiamato caponata, siamo così arrivati agli ortaggi. Anche i Monsù usarono quella salsa agrodolce arricchita con le verdure, crearono quindi un condimento chiamato "apparecchio" da cui poi derivò il termine "apparecchiato", strettamente correlato, per sapori e profumi, alla caponata, con lo scopo di insaporire le carni.

Fu quindi dalla metà dell'Ottocento che la saracena melanzana, tanto bistrattata per il colore, la forma, ma soprattutto per il sapore amarognolo e per la sua fama di essere velenosa (mela insana), entrò a piè pari nella ricetta.

Dopo aver ringraziato il Basile per il suo importante contributo storico, sarà meglio analizzare questa tanto discussa ricetta della caponata. La prima insospettabile cosa che non salta per niente all'occhio è che essa è un piatto vegetariano ed addirittura vegano, ebbene si, essendo composta solo da ingredienti vegetali, ma soprattutto senza derivati dal mondo animale, almeno nella sua versione "povera" senza pesce. Altra caratteristica, stavolta ineluttabile, è l'elevata variabilità della ricetta, ne sono state censite quasi 40, ma qualcuno dice che esiste una variante per ogni persona che la prepara, ed in effetti, se si pensa all'agrodolce ed a tutte le sue possibili sfumature solo cambiando il tipo di aceto, si può ben capire come possa spaziare il suo camaleontico aroma. Ovviamente, inutile disquisire sulla possibilità di aggiungere il pesce o variare gli ortaggi, o addirittura sulla loro cottura: fritti secondo tradizione o al forno nelle più moderne preparazioni.

Inoltre, per le principali versioni provinciali, ci viene in aiuto Wikipedia, anche se in modo del tutto aleatorio.
Palermitana: melanzane, olive verdi o bianche, cipolla, sedano, capperi, salsa di pomodoro, olio, sale, aceto e zucchero.
Agrigentina: melanzane, peperoni arramascati (a Roma i friggitelli), pomodoro, cipolla bianca, sedano, olive verdi, olive nere, capperi, carote, cetrioli, aceto, miele, zucchero, aglio, olio e peperoncino.
Catanese: melanzane, peperoni gialli, peperoni rossi, pomodori, cipolle, sedano, olive bianche, capperi, aceto, olio, sale, zucchero.
Messinese: come la palermitana, ma con il pomodoro fresco a pezzetti al posto della salsa, in modo da colorarla meno.

Infine, per quanto riguarda il temine "caponatina", il Basile lo preferisce poichè vezzeggiativo amoroso, mentre Wikipedia lo attribuisce alla prima produzione industriale del 1916 in cui si usò un piccolo contenitore.

Caponata2014 02Il Concorso

Arrivati fin qui con tale dispiego di teorie e ricette, si può facilmente immaginare il grande interesse che la caponata ha suscitato e suscita negli animi di molti individui, uno di questi pensò bene di istituire persino un concorso. Nel nostro caso, fu Giancarlo Roversi, giornalista e scrittore, il quale, parlandone con Ignazio Billera, noto come il Capitano di Trapani Eventi, diede fuoco alle melanzane! Nacque così, e stavolta le origini sono ben definite, il Caponata Fest , svoltosi a Guarrato (TP) il 23 e 24 Agosto 2014, con il duplice obiettivo di far emergere le ricette "di casa" e di far conoscere meglio il prodotto. Esso sostanzialmente è un concorso riservato a casalinghe e alunni degli alberghieri, comunque non professionisti, i quali si sono sfidati durante la notte di Sabato 23, al cospetto di un'attenta giuria, con le loro personalissime elaborazioni.

L'arduo compito di giudicare le varie ricette di famiglia è dunque toccato, in ordine alfabetico, a: Maurizio Artusi, enogastronomo, Cettina Barone, impiegata comunale appassionata di enogastronomia, Ignazio Billera, Capitano di lungo corso e Pietro Pecorella, cuoco. Al centro fieristico AV's Works di Bice Ruggirello, fortemente voluto dal marito Vito Augugliaro ed a lui dedicato dopo la prematura scomparsa, si sono sfidate alcune massaie del territorio circostante dimostrando grande perizia nella preparazione, ma soprattutto grande attenzione nella scelta degli ingredienti. Per l'occasione ho scoperto che in quelle zone è normale farsi l'aceto a casa, piuttosto che coltivarsi un pezzo di orto, questi sono stati i bacini più utilizzati per il reperimento delle materie prime, senza ovviamente dimenticarsi delle ottime olive e dell'olio extra vergine nostrale, praticamente diffuso in ogni famiglia. In sostanza, massima qualità a volte prodotta in proprio, in altri casi regalata o acquistata dalla vicina di casa, per una sorta di biologico, anche se non certificato, che ha amplificato odori e sapori. Alle concorrenti però mi sento di fare un appunto, non hanno saputo osare nell'agrodolce, elemento indispensabile della ricetta, perchè nella caponata, l'aceto ed il dolce si devono sentire. I piatti erano tutti abbastanza personalizzati, con alcune concorrenti che avevano aggiunto peperoni piuttosto che mandorle o cotto al forno invece che fritto nell'olio. Una sola ha scelto di innovare, sostituendo la "mela-insana" con la mela.

Questa è stata la classifica finale, come si può osservare le prime posizioni hanno i punteggi vicinissimi:

Classifica Nome Località Concorrente Voti
1 Alessandra Maltese Erice (TP) 8 229
2 Anna Triscari Trapani 3 224
3 Rosaria Badalucco Paceco (TP) 1 222
4 Giuseppa Ferreri Pantelleria (TP) 5 221
5 Fabiana Mortillaro Erice (TP) 4 214
6 Anna Ferlito Trapani (TP) 7 213
7 Vita Barbara Paceco (TP) 2 192
8 Antonella Buffa Moncalieri (TO) 6 181

Caponata2014 03Alessandra Maltese, l'unica ad usare la mela in sostituzione della melanzana, ha vinto non perchè avesse innovato, infatti la giuria, per non fare disparità con coloro che si erano mantenute più vicine alla tradizione, ha valutato i parametri previsti, aspetto, aroma, agrodolce, equilibrio, impegno, ingredienti ed untuosità come se quella di Alessandra fosse una caponata tradizionale. Un particolare riconoscimento va alla vincitrice per aver saputo mantenere integri i cubetti di mela golden utilizzata, nonostante la preparazione fosse avvenuta il giorno prima, per il suo agrodolce ben definito, forse un po' troppo dolce, ed infine per la sua bilanciata untuosità. Per chi si volesse cimentare nella realizzazione della prima classificata, qui è possibile scaricare la ricetta. Bisogna però dire che anche tutte le altre caponate erano molto buone e non per benevolo atteggiamento, ma sul serio, ciò viene suffragato dai piatti che la giuria ha puntualmente ripulito, nonostante il pressante invito ad aumentare le quantità da valutare! Durante la cerimonia di premiazione, avvenuta la sera del 24 Agosto presso il palco dell'AV's Works, ad Alessandra Maltese è stato dunque consegnato il primo premio, costituito da un buono spesa da 150 euro, mentre ad Anna Triscari quello da 100 ed a Rosaria Badalucco l'ultimo da 50. Le due serate sono state allietate dalla mitica Zza Pia, depositaria dei segreti della sfincia, una sorta di ciambellina preparata con farina di rimacino e patate all'aroma di anice, poi fritta e cosparsa con zucchero semolato e cannella.

Considerando il successo di concorrenti, ben 8, Ignazio Billera, organizzatore dell'evento, ha anticipato che sicuramente il Caponata Fest avrà un seguito, la prossima volta verrà preparato con più calma e quindi diffuso in modo più capillare, pertanto, mi si passi il neologismo, i "caponatori" e le "caponatrici" si preparino! Prossimi obiettivi potrebbero essere quelli di migliorare la presentazione e di introdurre delle varianti secondo la tradizione delle altre provincie, ma anche di essere più innovativi, perchè sono sicuro che nella seconda edizione costituirà un importante parametro di valutazione, magari in una seconda categoria ad esso dedicato.

Non bisogna però dimenticare che il Caponata Fest era inserito nel meraviglioso territorio del trapanese, ricco di bellezze architettoniche, naturalistiche, ma anche enogastronomiche e quindi eccovi una breve carrellata di aziende che conoscevo già, ma che ho avuto il piacere di visitare e approfondire in quei giorni di mia permanenza nella zona.

Caponata2014 04Birrificio Principe di Guarrato - Guarrato

Nato dall'esperienza homebrewer di Peppe Sveglia, da poche settimane produce tre etichette: La bionda, La rossa e La mora, alle quali presto i aggiungerà anche una weiss. Nessuna aromatizzazione, molto beverine e dal moderato grado alcolico, ma nonostante ciò, dal corpo ben presente e nelle due versioni weiss e rossa di una complessità olfattiva non comune, esse sono l'espressione della filosofia di Peppe e la dimostrazione pratica che non è solo l'impianto, nel suo caso cinese e molto poco automatizzato, che fa la birra, ma anche e soprattutto la mano che lo guida. Con questi presupposti, la dettagliata recensione del Principe di Guarrato non poteva mancare sulle pagine di CucinArtusi.it.

Caponata2014 05Molino Agueci - Guarrato

Il modernissimo Molino Agueci tratta solo granelle siciliane, pertanto è in grado di certificare la provenienza regionale delle sue farine. Recentemente ristrutturato dalla Molitecnica Sud, esso è gestito ormai da diverse generazioni sempre dalla stessa famiglia. Oggi il processo di lavorazione del molino è però totalmente automatizzato, che sia l'inizio del tramonto del mugnaio? Tra pochi giorni verrà addirittura installata persino una selezionatrice ottica, la quale garantirà l'assoluta integrità e purezza della materia prima, scartando tutti i "chicchi" non conformi ai parametri stabiliti.

Caponata2014 06Trattoria Cantina Siciliana - Trapani

Chi non conosce Pino Maggiore? A Trapani ormai è un'istituzione, insieme al suo locale che vanta ben 50 anni di vita. La cucina di Pino è ovviamente rustica, semplice ma dai sapori forti, così come deve essere in una trattoria, però senza mai trascurare le materie prime. Pino Maggiore è arrivato alla Cantina Siciliana alla tenera età di 10 anni, prima come garzone e poi come titolare, avendola rilevato con il lavoro di tanti anni. Egli ha dentro di se la cultura del couscous che quando può diffonde nel mondo, dagli Stati Uniti al Nord Europa, basta chiamarlo e lui arriverà per cucinarlo a casa vostra: Pino Maggiore è il personal chef del couscous!

Caponata2014 07Caseificio Ingardia - Paceco

Maria Antonietta Abita ed il marito Pietro Ingardia fino a pochi anni fa possedevano un avviato caseificio, ma la svolta arrivò quando investirono denaro e ricerca nel recupero di un antico formaggio chiamato "Cotonese", del quale si erano ormai totalmente perse le tracce. Nel territorio di Paceco, fino all'immediato dopoguerra del secolo scorso, si coltivava cotone, coloro che andavano per i campi a lavorarlo avevano l'abitudine di portare con se un pasto costituito prevalentemente da formaggio prodotto con latte di pecora. Per minimizzare il deterioramento del pecorino esso veniva coperto con del cotone, creando una sorta di camera di isolamento che comunque non impediva del tutto la naturale fermentazione del formaggio. Il risultato che si otteneva era un prodotto ovino leggermente pepato, sapido ed acidulo, oleoso, a piccola occhiatura, stagionato 20-30 giorni, che è stato riprodotto dal Caseificio Ingardia soprattutto grazie ad una segretissima miscela di fermenti lattici, che ricreano i profumi e i sapori di una volta. Per arrivare al risultato finale ci sono voluti diversi studi e tanta memoria storica degli anziani del luogo, ormai quasi tutti scomparsi. Il "Cotonese", è un marchio regolarmente registrato del Caseificio Ingardia che nel giro di pochissimi anni ha più che decuplicato il loro fatturato, rafforzandoli sul mercato nazionale.

Caponata2014 08Azienda Agricola Baglio Ingardia - Paceco

Da diversi anni, conosco e apprezzo l'elevata qualità dell'olio extra vergine Baglio Ingardia, ma non mi ero ancora recato in visita presso l'azienda, per vedere e toccare con mano le olive con le quali esso è prodotto. Condotta da 4 generazioni di Ingardia, oggi l'azienda è gestita da mamma Mariella e dai suoi figli, Salvatore e Nicola Di Genova. L'azienda è certificata bio ed imbottiglia olio da 12 anni, la produzione è di soli 120 q. all'anno ed ha in catalogo 4 etichette: un blend di Nocellara, Cerasuola e Biancolilla, una DOP Valli Trapanesi e due monocultivar di Nocellara e di Cerasuola. Dal 2007 sono stati aggiunti 3 ettari di vigneto che hanno prodotto un Nero d'Avola chiamato Ventu poi seguito nel 2011 da un Catarratto Lucido chiamato Munir, per un totale di sole 6.000 bottiglie.

Caponata2014 09Ristorante Osteria I Vitelloni - Trapani

Conosco Gianni Zichichi, chef e patron de I Vitelloni, da diversi anni, grazie alle mie passate frequentazioni di vecchie edizioni del Cous Cous Fest a San Vito Lo Capo (TP), ma pur stimandolo per la sua passione e il suo lavoro in cucina, non mi era ancora capitato di recensirlo. Finalmente, lo scorso 24 Agosto 2014, trovandomi in quel di Trapani, ho colmato questa mia grave lacuna con un'approfondita recensione, scoprendo in lui uno chef amante del suo lavoro, condizione fondamentale per ottenere ottimi risultati. I piatti di Gianni Zichichi che ho assaggiato presentavano rara pulizia di profumi e sapori, ma non erano particolarmente elaborati o preparati con strane tecniche, se si esclude un magistrale pesce direttamente affumicato dalle mani dello chef, dimostravano però un'insolita precisione tecnica, soprattutto considerando le condizioni di lavoro costituite da una cucina molto piccola e da un numero di coperti elevato, riuscendo così a nobilitare al massimo la cucina trapanese, che egli si fregia di rappresentare con qualche immancabile rivisitazione.

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Guida Agriturist, un faro nel deserto degli agriturismi

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agriturist1Il caso degli agriturismi, traditori degli obiettivi che dovrebbero invece perseguire, è purtroppo molto diffuso. Più volte mi sono lasciato andare pubblicamente, sia di persona che su questo mio sito web, a considerazioni molto critiche riferendomi alla categoria in oggetto.

Purtroppo, la parola agriturismo è oggi inflazionata dall'erroneo significato che comunemente gli si attribuisce: cibo genuino abbondante e a poco prezzo. Ovviamente, non sono certamente questi i presupposti sui quali si debba fondare questa categoria di strutture dell'ospitalità di provincia, bensì altri, però, prima di approfondire la questione, per esser più chiaro possibile, mi sono avvalso dell'autorevolezza di una video intervista rilasciatami da Emanuele Savona, direttore della Masseria La Chiusa e consigliere nazionale di Agriturist, l'associazione di Confagricoltura che nell'immediato dopoguerra creò la categoria degli agriturismi con presupposi ben diversi rispetto a quelli che sono così diffusi oggi.

 

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Le peculiarità necessarie per potersi fregiare dell'etichetta di agriturismo sono quindi poche ma fondamentali, Emanuele me li ha elencate in modo esaustivo e professionale. Al primo posto c'è sicuramente l'azienda agricola, poi l'accoglienza ed il rispetto per il territorio, questi sono i cardini principali che Agriturist ha usato per redigere le regole che selezionano i propri associati, ovviamente senza nessuna velleità universalistica. Al visitatore viene in aiuto una vera e propria guida che solo un mese fa è diventata "app" per smartphone, sostituendo la precedente cartacea, pertanto inserita nei due principali market Apple e Android, liberamente scaricabile dagli utenti cercando la parola chiave "agriturist", che contiene un completo e aggiornato database di tutte le strutture nazionali aderenti all'associazione.

Una volta lanciata, l'app presenta subito la casella di ricerca dove, oltre al nome, anche parziale della struttura, sarà possibile inserire la regione o il capoluogo di provincia che ci interessa. Pigiando poi il tasto "cerca", si avrà una mappa in stile Google Maps dove si potrà scegliere l'azienda più interessante per noi. In alternativa, ci viene in aiuto un'interessante funzione collegata alla tecnologia della geo-localizzazione, che ovviamente dovrà essere supportata dal nostro smartphone tramite la presenza del cosiddetto GPS. Sempre nella stessa casella di ricerca, alla sue estrema destra, è presente un piccolo puntino che una volta toccato, sempre seguito dal pulsante "cerca", aprirà la solita mappa, ma stavolta centrata nella zona in cui ci troviamo in quel momento. Strumenti quindi molto potenti per poter pianificare giorni prima un nostro viaggio o per toglierci da un eventuale empasse al momento, una volta raggiunto il territorio meta della nostra gita. Comunque, per coloro che ancora non possiedono uno smartphone, ho provveduto ad allegare, in fondo al presente articolo, l'elenco completo degli agriturismi Agriturist che alla data risultano soci effettivi. Infine, altre preziose informazioni si possono reperire sul sito www.agriturist.it.

{wd file=agriturist_sicilia.csv name='Download elenco soci Agriturist Sicilia al 31/08/2014'}

 

agriturist2 agriturist3
 agriturist4  agriturist5
 agriturist6  agriturist7

{-szakitable csv="http://www.cucinartusi.it/wdownloads/agriturist_sicilia.csv" filter="table" zebra="#eee" csvseparator="," caption="Soci Agriturist Sicilia"}
{/szakitable}

Pizza Report a Palermo

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PizzaTrinacria 2Dopo aver visto la puntata del programma Report intitolata "Non bruciamoci la pizza", di Bernardo Iovene, andata in onda su Rai3 lo scorso 5 Ottobre 2014, in seguito al mio impegno nella promozione di una pizza buona e salutare, non potevo certamente rimanere indifferente, pertanto ho qui di seguito espresso il mio parere, presentando un "report" sulla situazione riscontrata nelle pizzerie da me recensite, locali che ogni giorno compiono grandi sforzi per non arretrare di fronte all'oblio alimentare, ecco perchè mi sento di spezzare una lancia in loro favore.

All'interno della frase "Pizza buona si può", titolo della mia rubrica, si cela la valutazione di una serie di parametri nutrizionali, salutari e organolettici che fanno la differenza tra pizzeria e pizzeria. Pertanto, quasi tutte le "cattive abitudini" esposte nel servizio di Rai3 sono state previste, promuovendo solo quei locali che hanno dimostrato buona volontà nell'essere o nel voler diventare migliori.

Molti dei mali della pizza italiana possono essere risolti con un apposito corso di addestramento, quasi tutti i pizzaioli di "Pizza buona si può" hanno frequentato e superato un corso, ciò risolve molte questioni anomale e qualifica meglio gli operatori del settore. Il consumatore può verificarlo sbirciando eventuali adesivi affissi in pizzeria o addirittura ricamati sulle maglie dei pizzaioli, questa può essere una buona garanzia di pizza buona che purtroppo non è stata citata nel servizio di Rai3.

ArtusiAbbirriamoInoltre, secondo me, mostrare 50 minuti di errori e illegalità controbilanciati da 5 minuti dedicati a operatori corretti e onesti non svolgono un bel servizio al consumatore, creano solo polemiche, confusione e demonizzazione di un comparto. La mia idea, invece, è quella di cercare di far emergere i "bravi", che nel programma TV sono quasi praticamente assenti, cercando anche di consegnare elementi di valutazione ai clienti, obiettivi invece che ho perseguito con "Pizza buona si può". Il bilancio di un anno e passa di recensioni è lusinghiero, quando iniziai a girar per locali nel Gennaio 2013 insieme a Peppe Sansone, istruttore pizzaiolo ideatore della rubrica, la situazione era molto diversa da quella di oggi: i grani antichi siciliani erano totalmente sconosciuti, come farina molita a pietra c'era solo una sporadica presenza dello straniero Kamut, quasi lo stesso era per le birre artigianali e le mozzarelle in acqua erano meno diffuse. Oggi il panorama è radicalmente cambiato, quasi tutti i recensiti hanno adottato grani antichi come Tumminia, Russello e Perciasacchi, ma anche le birre artigianali, spesso siciliane, grazie alle mie serate di divulgazione chiamate "Abbirriamo", iniziate nel Gennaio 2014. Infine, nel corso degli ultimi mesi anche altre pizzerie, al di fuori del circuito, stanno timidamente avvicinandosi ad una migliore qualità. In conclusione, tutti i punti fermi di "Pizza buona si può" sono stati pensati con il fine di promuovere coloro che si discostano nettamente dagli obbrobi visti in TV, essi sono: associativismo, frequenza del corso di pizzaiolo, pizzeria con posti a sedere con esclusione dei locali solo da asporto, alta digeribilità grazie al minimo di 48 ore di maturazione dell'impasto, aspetti nutrizionali negativi delle farine doppio zero migliorati grazie all'introduzione dei grani antichi siciliani moliti a pietra, buona qualità generale degli ingredienti pomodoro compreso, preferenza del boccone di mozzarella in acqua, presenza di birre artigianali più salutari di quelle industriali.

Adesso abbinerò, punto per punto, le situazioni della puntata di Report, con i punti cruciali delle mie recensioni, cercando di far capire a tutti che la TV ci ha si azzeccato, la maggior parte dei casi presentati costituiscono davvero una triste realtà, ma per fortuna poco rappresentativa in Sicilia e assente nei locali oggetto delle mie recensioni. I consumatori, però, hanno in mano un'arma invincibile che nel servizio non viene mai citata: la facoltà di scelta, usiamola tutti di più, molti miei lettori già lo fanno.

TV - Forno con fuliggine e con residui di farina bruciati sul fondo, contenenti sostanze derivanti dalla combustione e pertanto cancerogene.

CA - Evidentemente questo è il caso di coloro che non sanno utilizzare correttamente un forno, eventualità che sinceramente non mi è mai capitato di vedere, non a caso, durante le recensioni, ho sempre fotografato la zona di cottura apposta per attenzionarla meglio. Nella maggior parte dei casi ciò si può evitare seguendo un corso di pizzaiolo o comunque facendo parte di una delle tante associazioni presenti in Italia, in modo da avere un confronto con altri colleghi e potersi scambiare esperienze anche di varia natura, comunque utili in generale per crescere.

TV - Cartone per pizza a volte illegale a causa dei materiali non conformi utilizzati.

CA - Per diversi motivi, anche organolettici, sono del parere che una pizza va consumata in pizzeria, questo è il motivo per il quale non ho mai recensito pizzerie esclusivamente da asporto, ciò evidentemente elimina il problema del cartone. Però, in seguito a ciò che è stato mostrato da Report, tra un mese vorrei proprio vedere chi tra di voi si ricorderà il colore giusto dell'interno di una cartone da pizza: secondo me l'ecologista crederà che quello marrone, e quindi riciclato, è il migliore, l'igienista preferirà quello bianco ed il pessimista quello grigio! In questo caso il più fortunato sarà... l'igienista.

TV - Pizze surgelate spacciate per fresche.

CA - Per fortuna il caso delle pizze surgelate, veicolate da una certa ristorazione, nella nostra regione è molto raro, ma per sicurezza, nei casi di forno non a vista dei recensiti, ho personalmente visitato e fotografato le cucine ed i forni per garantire l'effettiva preparazione in loco. Un consiglio, non acquistate mai pizze se non vedete in azione pizza, pizzaiolo e forno!

TV - Depauperamento nutrizionale delle farine doppio zero e alto indice glicemico delle stesse.

CA - Conosco molto bene le problematiche esposte dal Prof. Berrino durante l'intervista di Report, grazie ad un mio coinvolgimento nel Progetto Diana-5, purtroppo non è possibile eliminare del tutto le farine doppio zero dall'impasto di una pizza digeribile e ben fatta, ma si possono mitigare i suoi effetti negativi utilizzando impasti tagliati con dei grani antichi siciliani moliti a pietra, decantati e preferiti da Berrino stesso. Questo è stato uno dei principali parametri, migliorativi della valutazione, nelle mie recensioni.

TV - Digeribilità e lievitazione dell'impasto.

CA - Quest'altro punto è risolto dalla cosiddetta maturazione dell'impasto, come è stato d'altronde accennato durante il servizio di Rai3. Almeno 48 ore di permanenza in frigo consentono quella pre-digestione dell'impasto che poi agevolerà il nostro stomaco. Con questa tecnica naturale si possono utilizzare quantità infinitesimali di lievito di birra o passare direttamente al lievito madre. Altro caposaldo della mia rubrica.

TV - Uso diffuso degli oli vegetali di semi, al posto dell'extravergine di oliva.

CA - Per fortuna, la regola che ho trovato è quella dell'uso di olio di frantoio, magari non certificato, ma sicuramente migliore dell'olio di semi, perchè a noi siciliani piacciono gli oli forti!

TV - Pomodoro più o meno italiano.

CA - In questo caso il nostro palato ci aiuta molto, soprattutto soffermandoci in quella parte di cornicione senza condimenti ma ben salsata. La qualità si riconosce subito al gusto, nelle mie recensioni ho sempre dedicato uno spazio alla descrizione del pomodoro utilizzato e del suo condimento, corredata sempre da numerose foto della sua presenza sulla pizza.

TV - Mozzarella

CA - Questo è un vero campo minato pieno di abusi ai limiti della frode alimentare. Ho condotto battaglie infinite contro pizzaioli, ma soprattutto gestori, cercando di fargli capire che una buona mozzarella non manderà in fallimento il locale, anzi che molto probabilmente lascerà contenti più clienti e forse ne procurerà addirittura di nuovi. La differenza di prezzo tra un buon filone ed una mozzarella in acqua non è molta, con il preparato alimentare invece il divario aumenta sensibilmente, ma basta mettere meno prodotto per ammortizzare in parte i costi, una buona mozzarella è infatti più gustosa. Tra i recensiti, pochissimi adoperano il filone, comunque sempre di qualità accettabile. Un rimprovero però devo farlo ai clienti che pretendono una pizza asciutta, senza la classica acquetta che si può formare con l'uso di un boccone in acqua. Alcune pizzerie sono costrette ad usare il filone perchè non rilascia liquidi al solo fine di accontentare il cliente. Ebbene, preferite la pizza con l'acquetta, essa è composta dal latticello della mozzarella ed è garanzia di migliore qualità!

Chiudo questo mio contributo a "Pizza buona si può" con il link alla puntata di Report. Guardatela, dura meno di 60 minuti, e se volete commentate pure il mio articolo, sarò lieto di raccogliere eventuali vostri pareri e mie mancanze.

RAI3 - Report del 5/10/2014 - "Non bruciamoci la pizza" di Bernardo Iovene

 

 


Maurizio Black Santin, un milanese a Palermo

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Santin 01Lo scorso 23 Ottobre 2014, grazie alla Cappello Pastry Academy di Palermo, ho avuto la possibilità di intervistare Maurizio Santin, volto di Gambero Rosso Channel da più di 10 anni, venuto direttamente da Milano per condurre un corso di pasticceria moderna di tre giorni. Maurizio proviene da una famiglia che opera nel settore dell'alta ristorazione, suo padre è lo Chef Ezio Santin, dell'Antica Osteria del Ponte con ben 3 stelle Michelin, ricordo a tutti che insieme a Gualtiero Marchesi sono loro i due chef che negli anni '70 hanno fortemente innovato la cucina italiana, introducendo la nouvelle cuisine e la valorizzazione dei prodotti tipici del territorio. Maurizio è stato un promettente cuoco fino a quando, da giovanissimo, non rimase fulminato dalla pasticceria, durante uno dei suoi numerosi stage francesi. Un pasticcere per passione, amante del tiramisù, ma anche quasi una pecora nera per la sua famiglia, soprattutto per la madre che sperava in una sua affermazione in cucina e non alle prese con creme e cioccolato, una pesante eredità che Maurizio Santin ha convertito nella sua forza. Indossando la sua ormai caratteristica "giacca nera", mi ha raccontato dettagli inediti della sua vita in una piacevole video-intervista, chiudendola infine con il suo tifo per l'Inter e per... Matteo Renzi.

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Spendere poco e mangiare bene

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Muciara2014 01Lo scorso 17 Ottobre 2014 sono stato ospite di Nello El Greco, presso il Ristorante La Muciara di Porticello, a due passi da Bagheria (PA), un'ottima occasione per discutere di ristorazione e di buona cucina con un caro amico, nonchè inevitabilmente di pesce fresco, cucinato per l'occasione dalla moglie Santa, si perchè da Nello si serve solo pesce del giorno appena pescato e di mare, appena portato dai pescatori che sbarcano a soli 100 metri dal locale, niente allevamento, ne pesce di... montagna! Stavolta, però, non farò nessuna recensione, le foto parlano chiaro, La Muciara è molto conosciuta e io stesso me ne sono già occupato di recente, piuttosto, coglierò l'occasione per esternare alcune mie riflessioni su clienti e prezzi.

Nello, arrivato ad un certo punto della cena, mi ha chiesto di assegnare i prezzi che ritenevo giusti per i piatti che stavo consumando, si trattava del menu completo del giorno. Ho stimato i prezzi che ritenevo giusti, basandomi esclusivamente sui sapori e sulla cucina minimalista de La Muciara, senza fronzoli, ma di grande effetto gustativo, incomparabile, perchè con la sua materia prima, meno si condisce o si manipola e maggiore sarà l'effetto al palato. Il risultato è stato un menu con 4 antipasti, un primo un secondo e un dessert, che ho posizionato a 60 Euro tondi tondi, più coperto e acqua minerale.

Qui di seguito ho elencato i piatti con il dettaglio dei miei prezzi.

Antipasti
Carpaccio di polpo (6 €)
Insalata di polpo (6 €)
Alalunga a vapore (6 €)
Polpettine di spatola al sugo (6 €)

Primo
Paccheri con gamberi e scampi (15 €)

Secondo
Cerniotto al fumetto e verdure - 1/2 pesce - (15 €)

Dessert
Flan al cioccolato (6 €)

Muciara2012 01Nonostante sia già stato ospite da Nello, non mi ricordavo minimamente dei prezzi praticati nel menu, però, conoscendo la sua cucina, il pesce della mia cena quasi tutto di pregio tranne la spatola, la conduzione familiare, in sala c'è Nello con la figlia Rossella, ci ho azzeccato in pieno, ma contestualmente mi sono reso conto che 60 Euro sono parecchi per la stragrande maggioranza degli avventori, ma anche che non è possibile abbassare questo prezzo. Ma allora, quei ristoranti che sbandierano menu completi di pesce a pochi euro, a 30 o 40 euro? Come faranno mai? Ed ancora, quella ristorazione di bassa lega, ovviamente senza pesce, che con 20 Euro fa mangiare, anzi strafogare? Io mi reputo una buona forchetta, ma quel menu era veramente ricco, mi sarei saziato anche con gli antipasti e un primo o un secondo, cioè con 35 euro, in questo caso mangiando anche un po' di pane. Per i turisti non ne parliamo, se sono stranieri con una sola portata si accontentano, ma allora, conviene veramente disertare quei locali che lavorano bene, per spendere cifre analoghe in altri posti dove il pesce è sicuramente congelato o nella migliore delle ipotesi cotto male per non pensare peggio, pur di rimpinzarsi? Per fortuna ci sono ancora pochissimi locali che, nonostante i morsi della crisi, non hanno abbandonato la loro filosofia incentrata sulla qualità, qualcuno di questi è riuscito a entrare nelle grazie dei clienti, ma tanti altri fanno veramente fatica, se non anno ancora chiuso, e non mi sembra per niente giusto.

Vi lascio con un monito, se vi va di mangiare del pesce al ristorante, uno dei cibi più delicati e pericolosi, o qualsiasi altra cosa, state attenti e non affidatevi solo al prezzo, riducete le quantità e fate un'esperienza diversa, di gusto e di salute, strafogarsi e mangiare male non fa bene!

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Toty Catanese, una vita dedicata al lievito

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TotyCatanese 03Non smetterò mai di evidenziare le differenze sostanziali tra i panettoni artigianali, o lievitati in genere, realizzati con il cosiddetto mix, una polvere che contiene tutti gli ingredienti, rispetto a quelli realmente artigianali preparati partendo dalla farina, con ingredienti freschi e con più di un impasto a lievitazione lunga. Come ho raccontato in altro articolo, sono in pochi coloro che realizzano i panettoni artigianalmente, ma per farlo la prima cosa che serve è il know-how, una lunga esperienza costellata di corsi sul lievito madre e sulla lievitazione. In Sicilia sono molto noti tre esperti, docenti in materia: Giovanni Pace, che opera da anni in zona Palermo, il milanese Achille Zoia e Toty Catanese, un altro maestro pasticcere nato a Palermo, ma trasferitosi ancora in tenera, età con tutta la famiglia, in provincia di Savona. E' proprio di quest'ultimo che oggi vi parlerò, anzi, lascerò parlare lui stesso in una piacevole video intervista rilasciatami lo scorso 10 Novembre 2014, al termine di uno dei suoi corsi presso la Cappello Pastry Academy di Palermo dove, coadiuvato da Angelo la Placa della Pasticceria Cappello, ha erudito in due giorni una decina di allievi, composti da professionisti e da amatori del lievitato.

TotyCatanese 02Nato in un molino alle porte di Palermo, a soli 12 anni Toty ebbe la possibilità di iniziare come apprendista in una pasticceria che preparava il panettone tutto l'anno, dove fu subito destinato alla pesatura degli ingredienti... e per 3 anni questa fu la sua unica mansione. I suoi più cari ricordi però vanno a Tino Venuti, pasticcere catanese suo mentore. Il suo dolce preferito è il Nadalin, un lievitato tipico di Verona antenato del Pandoro, mentre a tavola stravede per la classica pasta con le sarde. Toty mi ha raccontato alcuni aneddoti dei ultimi suoi 50 anni, tutti trascorsi in compagnia del lievito madre, un'intera vita lavorativa dedicata ad esso ed ai suoi prodotti lievitati, che hanno fatto emergere la sua indole amichevole e allegra, sempre pronto a condire con una battuta il suo corso.

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TotyCatanese 01L'impegno di Toty Catanese nella diffusione dell'uso del lievito madre e dei lievitati è noto in tutta Italia, ma molti non sanno che egli si può anche considerare il papà del panettone siciliano, poichè fu tra i primi, e sicuramente il più presente, a tenere i corsi in Sicilia già 24 anni fa, addestrando un buon numero di pasticceri i quali oggi producono dei panettoni che nulla hanno da invidiare agli analoghi prodotti sfornati al Nord. Egli si rammarica quando riflette sulle quantità di panettoni realmente artigianali prodotti in Italia, che oggi si attestano solo al 10% circa sul totale. Nonostante sia egli stesso il formulatore di un mix a lui intitolato, Toty è d'accordo con me sulla necessità di differenziare i prodotti, bisogna comprende che il problema non è l'utilizzo del semilavorato, bensì l'equivoco, purtroppo consentito dalle leggi vigenti, consistente nello spacciare, e far pagare, un prodotto industriale come uno artigianale.

Infine, trovo profondamente ingiusto che un personaggio così importante per la pasticceria italiana ed in particolare siciliana, sia stato finora un po' troppo trascurato dai media e quindi sia conosciuto solo dagli addetti ai lavori e non dai consumatori, i cui palati traggono da decenni notevoli benefici dal suo impegno lavorativo. Pertanto, spero con queste mie parole, e relativa video intervista, di avere reso un piccolo servigio a tutti gli amanti del buon lievitato e consegnato un grande grazie a Toty Catanese, da parte di tutti i golosi.

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Giovanni Rodolfi di Birra San Biagio, dal diavolo all'acquasanta

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SanBiagio 01In verità, invece che "acquasanta" avrei dovuto scrivere "birrasanta", ma andiamo per gradi cominciando dall'inizio. Giovanni Rodolfi è un pacifico e simpatico signore che da qualche anno è divenuto mastro birraio nell'Antico Monastero di San Biagio, un resort & spa naturale nei pressi di Nocera Umbra (PG). In un ambiente pulito e ispiratorio, Giovanni produce le birre artigianali utilizzando l'orzo dell'annessa azienda agricola e l'acqua pura delle sorgenti umbre, dando vita a delle etichette che sono state pensate principalmente per accontentare i clienti del resort. Giovanni si è anche guadagnato l'appellativo di "monaco della birra", grazie alla sua fluente barba, ed in una piacevole video intervista mi ha spiegato i motivi che lo hanno condotto a non tagliarla più. Il mio richiamo, citato nel titolo di questo articolo, proviene dal fatto che Giovanni Rodolfi, prima di produrre delle ottime birre artigianali, era un dipendente dell'Heineken, multinazionale della birra industriale, da qui, l'accostamento che per un amante dell'artigianalità diviene ovvio, il passo dal diavolo (industriale) e la birrasanta (San Biagio) è stato breve!

SanBiagio 02La possibilità di conoscerlo e intervistarlo mi è stata data dal beer shop Extra Hop di Nazareno Ferrari, già ideatore della Taverna Bukowski di Palermo, dove lo scorso 12 Novembre 2014 il mastro birraio in persona ha presentato i prodotti di San Biagio. Durante la degustazione ho notato al palato una sorta di filo conduttore, poi confermatomi da Giovanni, riconducibile ad una costante acidità, più o meno marcata in base allo stile adottato, ma sempre presente, che evidentemente facilità gli abbinamenti delle sue birre anche con cibi oleosi o addirittura grassi. La mia preferita è però stata la Chefalo's, una Black APA, American Pale Ale, molto luppolata, come la tendenza di oggi vuole, e satura di profumi di fiori bianchi che hanno richiamato alla mia memoria gelsomino e zagara, con una particolare persistenza anche al palato.

Il video che Giovanni Rodolfi mi ha gentilmente concesso si è prolungato più del previsto, ma ciò perchè l'intervista si è tramutata in una piacevole chiacchierata, a tratti anche divertente, facendo emergere persino tratti distintivi inediti del mastro birraio, pertanto vi consiglio di gustarvela tutta, anche se non siete appassionati di birra artigianale, in essa si parla anche di altri temi, come l'ambiente e le scelte di vita compiute da Giovanni.

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Giuseppe Mellina, il Mago del Cappuccino e del Latte Art

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Mellina 01La Latte Art è poco diffusa, ma consente ad un bar di distinguersi dalla massa fornendo un prodotto diverso da tutti gli altri, ad essa è anche collegata la professionalità del barista, altra "merce rara" al pari di una buona gelateria, pasticceria, ristorante, pizzeria etc etc. Per chi non lo sapesse, la Latte Art è quell'insieme di tecniche che permettono di disegnare e/o scrivere su un cappuccino, si possono imparare seguendo uno o più corsi, oppure da autodidatta come ha fatto Giuseppe Mellina, uno dei massimi esponenti nazionali del settore, operante a Palermo attualmente presso il Bar Sicilia 2. La storia di Giuseppe è singolare, ma il suo soprannome, Mago del Cappuccino, lo è ancora di più ed il mago c'entra davvero, per conoscerla tutta però dovrete guardare la video intervista che il maestro mi ha rilasciato lo scorso 18 Novembre 2014, presso la Cappello Pastry Academy, durante un corso di due giorni sulla Latte Art. Posso solo aggiungere che Mellina è un grande professionista che svolge la sua attività di Latte Art sin dall'eta di 16 anni, detentore di numerosi titoli e premi conseguiti durante le gare di settore, egli è anche noto per aver sviluppato delle tecniche personali, da lui tutte insegnate durante i corsi tranne una, quella della scrittura lunga sui cappuccini!

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Mellina 02Fare un buon caffè o un buon cappuccino non è una cosa facile, richiede una grande preparazione, pulizia e conoscenza delle attrezzature, ma soprattutto necessita di una grande attenzione, in una parola, come già detto, di professionalità. Per verificare la qualità di un caffè bisognerà prima di tutto controllare l'intensità aromatica e poi il colore, che dovrà essere sul marrone, ne troppo chiaro, ne troppo scuro. Invece, un buon cappuccino, non deve mai essere mescolato, sin dal primo sorso deve risultare perfettamente amalgamato con il tipico gusto di caffellatte, infine, visivamente esso dovrà presentare la macchia bianca centrale contornata da un anello marrone largo circa un centimetro. Per quanto riguarda le cialde un prodotto oggi sempre più diffuso, esse sono un ottimo sostituto dell'espresso, a patto che siano di qualità ed utilizzate su una buona macchina, dal costo orientativo di circa 200-250 euro, in questo caso si potranno utilizzare cialde meno costose e recuperare velocemente il costo dell'investimento iniziale. Sono sconsigliate le macchinette da 50 euro o in comodato d'uso, di poco valore professionale e che obbligano ad acquistare cialde più costose poichè progettate solo per quel tipo di attrezzatura.

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Gianluca Fusto, pasticcere goloso o pragmatico architetto del gusto?

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GianlucaFusto 01Gianluca Fusto, milanese, è conosciuto per l'impronta da architetto che ha dato ai suoi dolci. Forme prevalentemente squadrate, comunque espressione geometrica, ma anche un'attenzione particolare per gli ingredienti e per l'aspetto organolettico, caratterizzano le sue preparazioni. Questi sono i caratteri principali che sono emersi durante un corso che Gianluca ha tenuto lo scorso 21 Novembre 2014 presso la Cappello Pastry Academy di Palermo, illustrando le sue ricette sono scaturite realizzazioni che sembrano opere progettate da un architetto amante delle linee moderne, ma che al contempo ricordano i concorsi di pasticceria. Altre inedite informazioni sono emerse durante la video intervista che Gianluca Fusto mi ha rilasciato alla fine del corso, in essa si parla del suo legame con la terra pugliese, grazie alle origini della mamma, dell'influenza artistica di Gualtiero Marchesi, ma anche dei suoi progetti per il futuro: l'apertura della "Pasticceria Fusto" a Milano.

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In sostanza, un pasticcere amante del cacao, intimamente legato alla materia che usa e sceglie con cura, con la quale controlla il delicato flusso che si trasmette dalla sue opere fino al goloso di dolci, raggiungendo traguardi di tutto rispetto grazie alla disciplina, alla programmazione ed agli straordinari professionisti che ha incontrato durante la sua carriera. Molti però non immaginano che Gianluca è anche un gran goloso, quando gli ho chiesto quale fosse il suo dolce preferito, me ne ha elencati tre, per il piatto salato, invece, mi ha sciorinato tutto un menu da ben 6 portate!

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Leonardo Di Vincenzo e la birra siciliana all'Extra Hop di Palermo

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DiVincenzo2014 01Ci si occupa di birra artigianale deve per forza conoscere Leonardo Di Vincenzo, colui che a fine anni '90 è stato un antesignano prima della promozione di questo prodotto e dopo qualche anno anche produttore. Io ho avuto la possibilità di conoscere Leonardo lo scorso 27 Novembre 2014 grazie ad un'inizativa del beer shop Extra Hop di Nazareno Ferrari a Palermo, già noto per la sua Taverna Bukowski, ed alla collaborazione del distributore Da Pian. Alla serata hanno partecipato anche gli Homebrewers Siciliani, rappresentati dal loro Presidente Marco Altamore, con alcune delle loro birre "fatte in casa". Nella video intervista che segue, Leonardo mi ha raccontato come è nata l'avventura chiamata Birra del Borgo, oggi importante realtà in Italia e presto anche nel mondo con l'apertura di un birrificio in Australia, ma anche della sua visione della birra italiana, nonchè delle sua creazione con le ostriche piuttosto che il progetto Lambic (birre a fermentazione spontanea).

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In degustazione alla spina c'erano due conosciutissime di Birra del Borgo, la My Antonia e la Re Ale in versione Extra con un maggior contenuto di luppolo. Tra gli appassionati del settore, alzi la mano chi non conosce queste due birre, ovviamente non ne vedo nemmeno una, tra l'altro sono state tra le prime che io stesso anni fa ho assaggiato, avvicinandomi timidamente alle birre artigianali. La My Antonia è un'Imperial Pils da 7,5 gradi al naso molto passitosa, giusto per utilizzare un termine scaturito dalla fantasia di Angelo Siragusa (Trimmutura), con una bella luppolatura. La Re Ale Extra, invece, era particolarmente ruffiana, con quella sua complessità di agrumi vari, cedro, bergamotto e citronella che riuscivano ad oltrepassare la spessa coltre di densissima schiuma. Il sapore era persistente e pieno coi suoi 6 gradi alcolici, il tutto era completato dai luppoli, fini, presenti ma mai invadenti.

DiVincenzo2014 02Gli Homebewers Siciliani, invece avevano portato in degustazione alcune loro ottime creazioni, iniziando con una Double (o Dubbel), dal naso tropicale, molto complesso, tendente alle sfumature di caramello con una corposità non comune, dovuta ai suoi ben 8 gradi, ed un'ottima luppolatura. Poi è stata la volta di una Brown Ale dagli intensi profumi di fiori vari non ben distinguibili, rabarbaro e caramello, meno persistente al palato rispetto alla precedente, ma anch'essa pastosa coi suoi 6 gradi e ben luppolata. Infine una Ipa dagli intensi profumi di gelsomino, salvia, basilico e citronella, ed una Imperial Russian Stout dai forti sentori di whisky e cacao sudamericano, ma ancora da ben amalgamare e bilanciare.

Durate la serata non sono mancate le chicche, come ad esempio le ultime bottiglie rimaste della prima cotta di Indica del Birrificio Irias, rappresentato per l'occasione dal Mastro Birraio Turuzzu Blandi, preparata all'apertura degli impianti nel Dicembre del 2013. Questa Indica era in versione Strong, più luppolata, con un naso insolitamente ricco di fieno, fiore di ficodindia e sentori tropicali con una lontana nota di caramello. Al palato era più secca rispetto alle versioni che l'hanno seguita, meno abboccata con un miglior bilanciamento dolce-amaro.

Infine, per me, è stata una buona occasione di assaggio delle ultime due nuove creature di Michele Cartaino, il birrificio 2BE on not 2BE ha infatti recentemente lanciato una Golden Ale chiamata Amami, e una Double Extra dal nome BBassett, la prima dai profumi speziati ed agrumati ricchi di zagara, bergamotto e zenzero, con una conferma dei sapori al palato, dove i 5,5 gradi alcolici ed i bilanciatissimi luppoli ne hanno ulteriormente migliorato la piacevolezza; la seconda invece attaccava subito con un profumo molto armonico, un tutt'uno dal quale con difficoltà sono riuscito a tirar fuori delle note di fragola, lampone, fiori gialli e un leggero sentore di polvere di caffè e caramello, ottima la pastosità al palato coi suoi 7,7 gradi, buono il bilanciamento con l'amaro dei suoi luppoli.

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A Natale, tutti pazzi per il panettone artigianale

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PanettoneSicilianoAMPI 3Considerando l'imminente periodo natalizio, mi preme fare una precisazione sull'uso della dicitura "panettone artigianale", quello che prevede l'uso di una lenta lievitazione effettuata di solito con lievito madre, fresco o secco che sia. Purtroppo, le maglie larghe della legislazione attuale consentono di definire artigianale un prodotto solo perchè preparato e, nel caso dei panettoni, infornato in loco, mentre invece la realtà è ben diversa, esattamente come accade anche per i gelati.

I panettoni e le colombe, offerti da pasticcerie e/o panifici, sono in realtà quasi sempre preparati con una polvere chiamata mix che contiene i principali ingredienti necessari, grassi, proteine e carboidrati, che viene poi addizionata di acqua e lievito secco o di birra, nonchè eventuali canditi, per poi essere posta a lievitare. Nel giro di una notte, dopo una bella infornata, voilà, il panettone e/o la colomba sono pronti. Ovviamente, la formulazione degli ingredienti di questi lievitati è del tutto analoga a quella che troviamo nei prodotti in vendita nei  supermercati e che noi tutti definiamo industriali. Le aziende che producono i mix, non dovendo confrontarsi con il consumatore, sempre più attento a leggere le etichette, possono anche risparmiarsi eventuali scrupoli nell'uso di alcuni ingredienti, permessi dalla legislazione ma oggi evitati dalle aziende da supermercato poichè costrette a dichiararli nelle scatole esposte nei cash and carry. Pertanto, perchè pagare un panettone finto artigianale 10-20 Euro quando posso trovarlo al supermercato a 3-7 euro con la sola differenza dell'infornatura non recente?

Un vero lievitato artigianale, natalizio o pasquale che sia, prevede invece un ciclo di lavorazione che può arrivare fino a 3 giorni, con lievito madre, due impasti, l'incorporamento di tanto burro, uova fresche, nessuna polvere, e tanto tanto know-how maturato dopo anni di esperienza e corsi di addestramento, spesso pagati profumatamente. All'incirca, il procedimento in dettaglio, prevede che sul lievito madre vengano prima eseguiti dei "rinfreschi" ravvicinati, con lo scopo di fortificarlo, poi esso viene aggiunto al preimpasto, a cui segue una prima lievitazione. Il giorno dopo si procede ad incorporare altra farina forte e tutti gli ingredienti necessari, burro, uova, canditi ed aromatizzazioni varie, quindi si ritorna di nuovo in lievitazione e finalmente, se tutto è andato per il verso giusto, si potrà infornare. Bisognerà però aspettare ancora un'altra mezza giornata, durante la quale il prodotto si raffredderà e stabilizzerà, prima che sia possibile confezionarlo ed infine venderlo, arrivando così a quei tre giorni di lavorazione che lo caratterizzano come un prodotto realmente artigianale.

Come riconoscerlo? Innanzi tutto bisognerà leggere l'etichetta, nell'elenco ingredienti non dovranno comparire nomi strani, come ad esempio i "mono e digliceridi degli acidi grassi" Mono e digliceridi degli acidi grassi
(E471/E472
), ed eventuali altri emulsionanti e conservanti, inoltre la sua data scadenza dovrà essere ravvicinata, il panettone artigianale si conserva al massimo 30 o 40 giorni dalla sua produzione, una shelf life molto più lunga, può arrivare anche a sei mesi, indica sempre una formulazione industriale.
Quando lo porterete a casa e lo taglierete, basterà soffermarsi sull'alveolatura che deve essere particolarmente larga e irregolare, tipica di una lunga e corretta lievitazione, e verificare al naso la fragranza del giallissimo burro in esso contenuto, ingrediente che il pasticcere deve scegliere di qualità e che viene aggiunto in grande quantità, secondo la tradizionale ricetta.

E' facile capire come che tutto ciò ha un costo, esso si può abbattere solo riducendo la manodopera e passando al mix, ma la soddisfazione che il maestro pasticcere riesce a ottenere con un risultato realmente artigianale non ha prezzo, è lui il primo ad essere gratificato per il risultato ottenuto, dopo innumerevoli prove, sempre alla ricerca del miglioramento, talmente gratificato che, corre voce, un panettone ben riuscito sia considerato al pari di un rapporto intimo con una donna!

PanettoneSicilianoAMPI 1Adesso, tutti voi, immagino vorreste sapere dove acquistare con tranquillità un vero panettone artigianale, con la sicurezza di non essere raggirati da una furba, ma purtroppo legale, interpretazione della legge, ed io con molto piacere vi indicherò, in rigoroso ordine alfabetico di cognome, alcuni professionisti che conosco personalmente e che attualmente possiedono il know-how e la filosofia aziendale per fornire un buon prodotto a prezzi ragionevoli, tra l'altro vicini a quelli dei mix. Inoltre, nei locali dell'elenco, è facile trovare anche cornetti ed altri lievitati non surgelati, come invece capita quasi sempre, ed una qualità dei prodotti generalmente maggiore rispetto ad altri operatori dello stesso settore.

Pasticcerie di Palermo e provincia

Luigi e Nino Accardi (AMPI),  Pasticceria Accardi, Palermo
Salvatore Cappello (AMPI), Pasticceria Cappello, Palermo
Salvatore Garofalo, Pasticceria Oriens, Lercara Friddi (PA)

Pino Lo Faso, Pasticceria Delizia, Bolognetta (PA)
Gaspare Martinez, Pasticceria Crystal, Palermo
Vincenzo e Nino Pace, Pasticceria Patìs, Palermo
Santi Palazzolo (AMPI), Pasticceria Palazzolo, Cinisi (PA)
Carmelo Sciampagna (AMPI), Pasticceria Sciampagna, Marineo (PA)
Giuseppe Sparacello, Pasticceria Dolce Tentazione, Castronovo di Sicilia (PA)
Natale Trentacoste, Pasticceria Norman, Marineo (PA)

Inoltre anche...

Felice Bongiorno, Panificio Pandor, Gangi (PA)
Isabella Catalano, Panificio Ciancio, Tortorici (ME)

Le schede con gli indirizzi completi sono riportati in fondo all'articolo.

Infine, mi sembra giusto citare due aziende siciliane attive nel settore in questione, ma che per alcuni ingredienti che ne prolungano la conservazione e per le più grandi quantità prodotte sono da considerarsi industriali, anche se di alta qualità. Il primo di essi non ha bisogno di presentazione in quanto si tratta dell'Azienda Fiasconaro di Castelbuono (PA), orgoglio dell'imprenditoria siciliana, oggi conosciuta in tutto il mondo e di facile reperimento anche nella GDO (grande distribuzione). L'altra invece è l'Azienda Di Stefano di Raffadali (AG), attiva nei semilavorati di qualità che nel periodo natalizio si dedica ad una relativamente piccola produzione di panettoni, di solito acquistabili direttamente presso di loro. Entrambe le aziende citate rappresentano un'ottima alternativa al lievitato industriale, proveniente dalle grandi marche del nord Italia, scelta sicuramente più costosa, ma anche di maggior qualità, che si pone a metà strada tra il prodotto di massa e quello realmente artigianale che ho già descritto.

Ovviamente, non pretendo di conoscere tutti i produttori di lievitati artigianali, ce ne saranno sicuramente altri, ma relativamente a Palermo e provincia penso di averne lasciati fuori ben pochi, che comunque invito a contattarmi per poter essere inclusi in un futuro elenco, previa mia visita ed assaggio. In conclusione, durante le prossime feste, state attenti ai panettoni ed agli immancabili falsi "consigli per gli acquisti", adesso sapete come scegliere.

Da consultare

Articolo sul Panettone Siciliano

Articolo sul lievitista Toty Catanese

Tutti gli articoli sul Panettone e i lievitati

 

Un nuovo progetto per l' ISZS di Palermo

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Giuseppe Russo ISZSRecentemente ho ricevuto un articolo a firma di Pino Guastella, direttore del quotidiano siracusano DiarioDoc, del quale Giuseppe Russo, ex commissario straordinario dell'Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia, mi ha caldeggiato la pubblicazione, desideroso di voler diffondere il suo nuovo progetto per l'ente, peraltro molto sensato ed ampiamente condivisibile. Per chi non lo sapesse, come è possibile leggere sul sito web www.iszsicilia.it, l'Istituto in questione è una stazione di ricerca dell’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari, uno dei più antichi enti di ricerca d’Italia e, sin dal 1884, anno della sua fondazione, ha avuto un ruolo determinante nel progresso delle attività agricole e zootecniche del territorio siciliano. Le sue finalità, qui di seguito elencate, sono numerose e si realizzano direttamente sul territorio, a stretto contatto con gli operatori del comparto agroalimentare.

  • La conservazione e il miglioramento genetico delle razze autoctone siciliane di interesse zootecnico.
  • La tutela del patrimonio faunistico selvatico.
  • Il miglioramento delle tecniche di coltivazione e utilizzazione delle specie foraggere idonee all'ambiente siciliano.
  • La diffusione di tecniche di lavorazione casearia idonee alla valorizzazione del prodotto lattiero-caseario siciliano.
  • La ricerca scientifica e la sperimentazione nel settore della zootecnia.
  • La formazione professionale nel settore agro-zootecnico.
  • L'assistenza tecnica alle aziende zootecniche.

Da ciò è facile intuire l'importanza che tale ente ricopre nello sviluppo economico, ricerca scientifica e salvaguardia del territorio, nonchè delle tradizioni della Sicilia. Adesso vi lascio all'articolo, costituito da un'intervista con domande e risposte.

 


Zootecnia in Sicilia: “Il settore è al collasso per gli elevati costi"

D. Cosa ne pensa della nuova programmazione 2014-2020 per l’auspicabile rilancio in Sicilia del settore zootecnico e della filiera lattiero casearia?

R. Fermo restando che qualsiasi ipotesi di programmazione o progetto di sviluppo non possono prescindere dall’adozione di prioritari provvedimenti straordinari ed urgenti (ripianamento passività, credito, prezzo del latte, controllo delle importazioni, sburocratizzazione dei procedimenti amministrativi) per fronteggiare la grave situazione di emergenza determinata dalla crisi in atto, con piacere risponderò alle sue domande sperando di fornire ai lettori della sua rivista quelle proposte che a mio giudizio possano essere utili alla per il possibile rilancio in Sicilia, del settore zootecnico e della filiera lattiero casearia.

D. Ci vuole descrivere brevemente lo stato dell'arte della zootecnica siciliana?

R. Il settore è certamente al collasso per gli elevati e sempre crescenti costi di produzione rispetto al valore dei prodotti, pressoché immutati da anni (oligopolio acquirenti latte), o decrescenti come per il settore carne, la filiera lunga, con alti prezzi per i consumatori e scarsa redditività per i produttori, la qualificazione delle produzioni, organizzazione dell’offerta, molto scadente (con la sola ma, non assoluta, esclusione dei prodotti DOP), la commercializzazione dei prodotti lasciata alle capacità dei singoli produttori (polverizzazione delle produzioni), ed ove esistono delle cooperative di produttori, la mentalità resta quella di “produttore e non di imprenditore”, i rapporti con il mondo dei consumatori, informazione ed educazione del consumatore, pressoché inesistente.

D. Quindi a suo giudizio quali interventi consiglierebbe di adottare al nuovo Assessore all’Agricoltura della Regione Sicilia?

R. A mio giudizio appare inderogabile una politica di sviluppo della zootecnica che affronti i problemi, strutturali, infrastrutturali e di organizzazione dei servizi finalizzati a incoraggiare e qualificare le produzioni zootecniche, per migliorare la produttività animale e i sistemi di allevamento non sempre ottimali e la qualità dei prodotti, per essere sempre più in linea con le normative UE. Lei sa che la Sicilia Zootecnica è divisibile in due grandi sistemi di produzione.

L’intensivo è molto specializzato, prevalente nel Ragusano, ma non solo: a macchia di leopardo esistono in Sicilia allevamenti molto qualificati è l’estensivo con diversi livelli di specializzazione vincolati alla valorizzazione del territorio di produzione.

I due sistemi, entrambi molto importanti, hanno un ruolo strategico diverso per la Sicilia.

I sistemi intensivi sono indispensabili per limitare il grande deficit alimentare tra produzioni e consumo: importiamo oltre il 75% di latte (difficile da migliorare per le quote latte) e l’80 %di carne. Nonostante tutto, i produttori Siciliani rischiano di chiudere per i costi di produzione troppo alti e per mancanza di una vera strategia di commercializzazione, che subisce l’oligarchia del mondo Industriale Siciliano, la concorrenza dei prodotti importati ed ottenuti a bassi costi e, non per ultimo, la polverizzazione della produzione e soprattutto dell’offerta oltre che la sua scarsa organizzazione.

I sistemi estensivi sono strategicamente fondamentali per la Sicilia perché:

  • Presidiano il territorio (gli allevatori sono dei veri e propri guardiani del territorio).
  • Utilizzano delle risorse naturali altrimenti inutilizzabili (abbandono= degrado) pertanto contribuiscono a rispettare l’ambiente.
  • Contribuiscono a mantenere un’architettura rurale e paesaggistica di rilevanza internazionale.
  • Mantengono un significativo livello occupazionale.
  • Hanno un ruolo sociale, poco riconosciuto, ma di rilevanza straordinaria.
  • Producono prodotti tradizionali di altissima qualità potenziale, espressione massima della biodiversità agroalimentare dell’Isola. A condizione che vengano applicati adeguati sistemi di qualificazione della produzione e dei relativi prodotti e si superino, in alcune sacche, i problemi legati alla sanità animale.
  • Allevano prevalentemente animali di razze autoctone, di cui alcune a rischio di estinzione.

Quindi considerata la diversità dei sistemi, le strategie di sviluppo non possono che essere significativamente diverse, ma ciò che è realmente incomprensibile è che tutti i prodotti competono sullo stesso mercato, senza alcuna vera e reale distinzione per la qualità. Per cui i prodotti delle aree estensive non riescono a competere con i prodotti industriali, che sono in genere connessi ai sistemi intensivi, e quest’ultimi, a loro volta, non sono in grado di competere con le multinazionali che operano legittimamente anche nei mercati dell’Isola.

Quindi considerata la diversità dei sistemi, le strategie di sviluppo non possono che essere significativamente diverse, ma ciò che è realmente incomprensibile è che tutti i prodotti competono sullo stesso mercato, senza alcuna vera e reale distinzione per la qualità. Per cui i prodotti delle aree estensive non riescono a competere con i prodotti industriali, che sono in genere connessi ai sistemi intensivi, e quest’ultimi, a loro volta, non sono in grado di competere con le multinazionali che operano legittimamente anche nei mercati dell’Isola.

D. Quindi quali misure consiglierebbe di adottare per superare lo stato di grave crisi del settore?

R. Consiglierei misure urgenti, compatibili con i regolamenti comunitari e necessarie per aumentare la competitività dei sistemi produttivi Siciliani.

Il posizionamento dei prodotti sul mercato e la relativa strategia di valorizzazione risulta “la madre del problema”, pertanto il primo e principale da affrontare. Ovviamente bisogna anche essere pronti ad offrire prodotti qualificati che il mercato richiede.

I sistemi più diffusi nel passato e proposti dagli economisti filo-globalizzazione indicavano di concentrare le produzioni, di uniformare le produzioni, di delocalizzare per ridurre i costi, ed ancora di destagionalizzare le produzioni, il tutto per ottenere dei prodotti di massa uguali tutti i giorni, per rispondere, secondo loro, alle esigenze dei consumatori. L’obiettivo commerciale di questo sistema è quello di posizionare i prodotti sul mercato con un basso profilo di qualità e di prezzo, per riscuotere la massima concorrenza. Condizione possibile perché se i sistemi industriali sono efficienti riescono ad effettuare delle economie di scala incomparabili rispetto ai sistemi di produzione tradizionali rurali. Ovviamente la fascia dei consumatori a reddito medio-basso è spesso costretta ad acquistare questi prodotti, ma ricerche e movimenti pro biodiversità dell’ultimo decennio, hanno dimostrato come i consumatori più attenti di qualsiasi fascia sociale, ed ovviamente quelle più alte, siano alla ricerca concreta di prodotti di alta qualità, fortemente legati al territorio, che non siano semplicemente fonti di nutrienti, (la percentuale degli obesi aumenta continuamente anche in Italia e non solo negli USA), ma che rappresentino un patrimonio storico-culturale significativo che rende unico il prodotto stesso. Il comune convincimento è che c’è spazio per tutti i sistemi, anche per quelli industriali, ma le istituzioni pubbliche hanno il dovere morale di intervenire prioritariamente a salvaguardia del proprio territorio, della cultura secolare del mondo rurale, nel rispetto della natura, dell’ambiente e della biodiversità intrinseca di questi sistemi produttivi.

Per il mondo rurale si propone d’intervenire, evitando in modo assoluto qualsiasi forma di assistenzialismo, ma creando le condizioni per la valorizzazione dei loro prodotti. La comunità Europea, non consente un intervento diretto sul prodotto, ma sono possibili una serie d’interventi e servizi che migliorano, identificano e qualificano i prodotti, oltre ad azioni generiche ma mirate ad informare il consumatore siciliano e non solo, sulle proprietà salutistiche, aromatiche e culturali che i prodotti zootecnici storici siciliani possiedono. Solo un intervento pubblico può aiutare a far conoscere le specialità siciliane. I produttori di piccole quantità di prodotto non possono mai competere con le industrie sui piani di informazione e pubblicità dei prodotti. E non è assolutamente vero che servono enormi quantità di prodotto per avviare un piano di marketing strategico, perché in Sicilia va rivendicato il paniere di tutti i prodotti, che essendo stagionali e tradizionali, non sono mai di massa. Il consumatore va quindi educato a ricercare cosa il mercato offre di fresco a Km zero, e ad impatto ambientale zero, per scegliere ed allargare il proprio bagaglio culturale enogastronomico con positive ripercussioni, tra l’altro, sulla salute.

La difesa del mondo rurale “estensivo, tradizionale”, va sostenuta in nome della difesa dell’ambiente ed ha delle ricadute economiche e socio-culturali sostenibili.

D. Quindi quali proposte d’intervento generale servono per il settore zootecnico siciliano?

R. Cosi come accennato prima non è possibile proporre azioni univoche per la diversificata realtà zootecnica Siciliana. Alcuni interventi possono essere enunciati a carattere generale, ma poi lo sviluppo degli stessi deve tener conto delle realtà locali in cui si intendono sviluppare.

La sanità animale non può e non deve essere inserita in un piano zootecnico, in quanto la garanzia per le patologie trasferibili all’uomo (zoonosi), è la base di ogni possibile programma di sviluppo e per questo è già abbondantemente finanziata da decenni dalla sanità nazionale e regionale per cui dovrebbe aver già garantito l’indennità degli allevamenti sul piano Regionale. Cosa diversa sono i servizi e l‘assistenza per educare ed informare i produttori per migliorare la sanità animale, obiettivo che dovrebbe rientrare nel piano zootecnico regionale.

D. E per la zootecnica estensiva?

R. Valorizzare le aree marginali in quanto, l’uomo assolve alla funzione di Presidio del territorio, dell’ambiente, del paesaggio nonché ultimo baluardo contro l’esodo dei giovani verso i centri urbani, stimolare l’innovazione tecnologica che rispetti le tradizioni e la natura, ma consenta una maggiore flessibilità del lavoro, rafforzare i sistemi produttivi naturali, biologici, tradizionali in quanto espressione della biodiversità territoriale,stimolare il ricorso a fonti di energia alternativa dal fotovoltaico, all’eolico, al biogas per l’indipendenza energetica aziendale.

D. Ipotizzare strutture ed infrastrutture collettive?

R. Assolutamente si! Centri di stagionatura per i formaggi storici siciliani, centri di macellazione e valorizzazione dell’Agnello Siciliano e creazione di una rete di produttori come bacino di utenza, centro Sperimentale Regionale per la produzione di Caglio, oltre che ove le condizioni produttive lo consentissero programmare un “polo lattiero-caseario” così come descritto per la zootecnia intensiva.

D. Ed in alternativa?

R. In alternativa al polo lattiero caseario potrebbero ipotizzarsi delle “Oasi del mondo rurale” attraverso mercati dei contadini, ma anche negozi di enogastronomia, bar, ristoranti, pizzerie dove si valorizzano i prodotti del polo e del territorio, ed ancora centri di degustazione per informare ed educare il consumatore sulla qualità dei prodotti. In questi centri che oso definire “culturali” devono essere presenti anche i prodotti più pregiati quali le DOP, la presenza di macellerie dei produttori, a completamento del ciclo delle produzioni zootecniche oltre che spazi dedicati alla formazione in tema di marketing, di accoglienza e turismo rurale, per invogliare i giovani ad accedere a nuovi mestieri che possano contribuire a ridurre l’esodo dal mondo rurale, un osservatorio del sistema lattiero caseario tra cui un osservatorio dei prezzi della filiera e un’organizzazione dell’offerta dei prodotti lattiero caseari.

Nel breve periodo, perché le infrastrutture richiedono dei tempi di realizzazione medio-lunghi, stimolare le comunità locali, nelle piazze del paese, magari settimanalmente a creare dei luoghi d’incontro tra i produttori e consumatori, dove gli stessi possano scegliere i prodotti, informarsi, degustarli, spendere del tempo in un contesto architettonico, culturale integrato da cibo di altissima qualità e testimonial del sapere locale,certamente in nome della biodiversità e della straordinaria qualità dei prodotti delle aree collinari e montane (in sintesi della zootecnia estensiva), si ritiene necessaria una politica di valorizzazione dei luoghi di vendita tradizionali (le classiche “putie”) dei tanti paesi che rappresentano il cuore pulsante della Sicilia, spesso, forse sempre, ignorati e relegati quasi ad una condizione di sottosviluppo secondo i concetti travolgenti della globalizzazione, stimolare e finanziare una “Rete eno-gastronomica" di qualità siciliana, dove ogni piccolo negozio agroalimentare dei paesi anche di montagna, diventi il riferimento istituzionale della politica di valorizzazione agroalimentare della Sicilia. Dovranno prevedersi incentivi per la qualificazione dei punti vendita, e sviluppare delle guide per i turismi del cibo, per indicarne non solo l’esistenza ma anche le specificità che possono offrire non solo ai consumatori locali ma al mondo intero , attraverso portali mediatici di vendita e comunicazione, sviluppare della ricerca per caratterizzare e qualificare i prodotti di origine animale, (caratterizzazione analitica della loro qualità igienico-sanitaria, nutrizionale, merceologica, sensoriale e salutistica), anche attraverso le richieste di ulteriori riconoscimenti comunitari (DOP, IGP… ) per altri prodotti tra cui il Caciocavallo Palermitano, la Provola dei Nebrodi, il Maiorchino e soprattutto l’Agnello Siciliano, sviluppare servizi di supporto alle aziende agricole per la certificazione dei prodotti richieste dalla Grande distribuzione Organizzata, sarebbe utileorganizzare un servizio in sinergia e a supporto degli Enti preposti al controllo, per la verifica dell’origine e relativa qualità dei prodotti di origine animale in ingresso nella nostra Regione, migliorare la qualità e la sicurezza alimentare dei prodotti di origine animale, certificare la qualità dei prodotti Siciliani tradizionali e stesura dei relativi disciplinari di produzione, con un unico marchio il “Born in Sicily” fortemente voluto dall’Ex Assessore Regionale Cartabellotta, controlli sulla filiera mangimistica, sia della provenienza che della presenza di inquinanti tra cui le micotossine, nonché creazione di filiere mangimistiche OGM free implementando l’uso di materie prime alternative al mais ed alla soia largamente presenti sul mercato in forma OGM. In tal senso l’incentivazione all’uso di leguminose (favino, pisello proteico, cece, ecc) potrebbe rappresentare una strada da percorrere, servono azioni per valorizzare la filiera carni degli allevamenti da latte e per gli allevamenti delle aree interne. Filiera attualmente ancor più anti-economica della produzione del latte.

D. Da esperto del settore considerata la sua esperienza all’Aras prima e dopo anche di Commissario straordinario dell’Istituto Sperimentale Zootecnico cos’altro proporrebbe all’Assessore Regionale all’ Agricoltura?

R. Certamente e prioritariamente ulteriori azioni per la salvaguardia delle razze autoctone Siciliane in via di estinzione! Con la creazione di banche del germoplasma e la realizzazione di uno “nuovo polo per la zootecnia” con il passaggio “in convenzione” dei tecnici (agronomi-agrotecnici-periti agrari, veterinari ecc..) del “ruolo pubblico” dell’Associazione Regionale Allevatori Sicilia all’ l’Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia tutto ciò in applicazione della L.R12/89 e nello specifico quanto avevano ben previsto anche è certamente con molto lungimiranza i legislatori del tempo con applicazione concreta dell’ art.15 L.R. 33/96.

Per le razze autoctone ovine (Valle del Belìce) la realizzazione di un “centro arieti” presso il fondo Luparello sede dell’ Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia, programmando dei piani di miglioramento genetico al fine di poter affrontare i mercati del nord Africa, per le razze bovine Modicana e Cinisara, creare un “centro di fecondazione artificiale” onde predisporre un programma di miglioramento genetico che risulta di fondamentale importanza per evitarne l’estinzione.

D. Per il settore degli equidi invece?

R. Per gli equidi ritengo che sia importante che il Dipartimento dell’Agricoltura dia finalmente attuazione alla disposto della delibera di giunta del governo regionale.

D. Quale delibera?

R. E' la n°. 4/2013 che prevede la fusione e/o accorpamento dell’Incremento Ippico di Catania all’Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia. Come Lei ben sa l’incremento ippico di Catania è stato ed è ancora oggi oggetto di parecchie inchieste giornalistiche e di furenti attacchi dei mass-media nazionali.

Per tale situazione il Presidente della Regione Sicilia con assai lungimiranza raccogliendo la proposta dell’Assessore al ramo e con l’intera giunta di governo ha ben previsto la fusione e/o accorpamento dell’Incremento Ippico di Catania all’Istituto Sperimentale Zootecnico di Palermo. Lei sa benissimo che poi tocca al competente Dipartimento Agricoltura dare attuazione a quanto disposto con la detta delibera di giunta di governo!

D. Lei nell’esercizio delle sue funzioni cosa ha fatto per assecondare alle aspettative della Delibera 4/2013 della Giunta di governo?

R. Le assicuro che personalmente nell’anno 2013 subito dopo la mia nomina e nell’esercizio delle mie funzioni di Commissario straordinario dell’ ISZS su richiesta dell’Assessore al ramo del tempo ho ampiamente relazionato agli Uffici preposti del Dipartimento Interventi strutturali – infrastrutturali dell’ Assessorato Risorse Agricole della Regione Sicilia non mi è dato conoscere “ora” che fine hanno fatto i buoni propositi e quant’altro previsto dalla delibera 4/2013 forse Lei questa domanda dovrebbe rivolgerla alla Dott.sa Rosaria Barresi Direttore Generale dell’ Assessorato Agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione Sicilia.

D. Dal punto di vista formativo cosa consiglierebbe?

R. Consiglierei aggiornamenti del mondo zootecnico su tematiche di interesse reale per gli allevatori e gli operatori anche extracomunitari ,l’ organizzazione di corsi per mungitori, la conservazione dei foraggi, una corretta gestione dell’allevamento, il miglioramento della qualità del latte il miglioramento della qualità dei formaggi, casari, scelta di tori da riproduzione,l’alimentazione animale e il miglioramento della fertilità delle fattrici delle specie e razze allevate in Sicilia.

D. Per la zootecnia intensiva?

R. La zootecnia intensiva, è maggiormente rappresentata nel ragusano, ma presente a macchia di leopardo nell’intero territorio Siciliano, diventa prioritaria la possibilità di colmare il gap strutturale sia con riferimento ai sistemi produttivi collettivi che ai servizi per la valorizzazione dei prodotti.

Nel particolare, “polo lattiero caseario” non solo a Ragusa ma anche nelle aree di maggiore concentrazione zootecnica in Sicilia. Al fine di mettere fine all’oligarchia della domanda, si ritiene fondamentale poter usufruire di alcuni “poli lattiero caseari” in grado: di trasformare il latte veramente siciliano, puntando prioritariamente al latte fresco pastorizzato di alta qualità per le aziende da latte specializzate, ma prevedendo anche la specificità di alcuni prodotti quali ad esempio il latte fresco di alta qualità da animali allevati al pascolo, o di specifiche razze autoctone, considerato il limitato consumo di latte fresco pastorizzato è importante avviare campagne di informazione ed educazione del consumatore, va prevista anche la trasformazione e produzione di latte a lunga conservazione (UHT e/o sterilizzato), produrre prodotti caseari per la Grande Distribuzione Organizzata (GDO), per operatori commerciali ristoranti e pizzerie; ad esempio formaggi freschi, yogurt, mozzarella da pizza, ricotta, la cui qualità sarà in ogni caso superiore ai prodotti (es le cagliate) d’importazione, in quanto prodotti con latte Siciliano da aziende controllate e certificate. Il tutto a prezzi competitivi in quanto assimilabile ad una vendita diretta, introduzione di impianti per lo smaltimento del siero e dei residui lattiero caseari, ipotizzando il recupero di importanti materie prime, di altissimo valore per l’agro-alimentare e non solo.

D. Dove potrebbe sorgere il polo lattiero caseario?

R. Il polo lattiero caseario potrebbe sorgere all’interno dei 52 ettari del fondo Luparello sede dell’ Istituto Sperimentale Zootecnico di Palermo , potrebbe e dovrebbe inoltre diventare un mini polo commerciale, con “spaccio aziendale dei prodotti del polo”, ma anche e soprattutto negozi di enogastronomia, bar, ristoranti, pizzerie dove si valorizzano i prodotti del polo e del territorio della Sicilia Occidentale, andrebbero previste anche sale di degustazione per informare ed educare il consumatore sulla qualità dei prodotti. In questi centri che oso definire “culturali” devono essere presenti anche i prodotti più pregiati quali le DOP, la presenza di macellerie dei produttori completa il ciclo delle produzioni zootecniche, rilevante anche la possibilità di disporre di spazi dedicati agli agricoltori per la vendita diretta dei prodotti della “campagna” come il mercato del contadino già operativo sul prestigioso fondo Luparello “unico polmone verde della città di Palermo” è sede dell’ Istituto Zootecnico di Palermo, con spazi dedicati alla formazione sul marketing, sull’accoglienza e sul turismo rurale, per invogliare i giovani ad accedere a nuovi mestieri che possano contribuire a ridurre l’esodo dal mondo rurale. Le assicuro di avere percepito che tale argomento sta molto a cuore all’Assessore Regionale Caleca. Personalmente condivido il pensiero dell’Assessore Caleca “dobbiamo assolutamente avvicinare i giovani al mondo dell’ agricoltura” utilizzando ed ottimizzando le risorse messe a disposizione con il nuovo Piano di sviluppo rurale 2014-2020.

D. Succintamente ci parli del “Nuovo polo per la Zootecnia”

R. Non è semplice ma ci provo! in sintesi con la realizzazione del “nuovo polo per la zootecnia” si otterrebbe certamente l’auspicata aggregazione di ricerca scientifica ed assistenza tecnica atteso che l’Istituto Sperimentale Zootecnico è una stazione di ricerca dell’Assessorato Regionale Agricoltura mentre l’ assistenza tecnica viene svolta già dal 1964 dai lavoratori del “ ruolo pubblico” dell’Associazione Regionale Allevatori quindi basterebbe applicare la L.R. 12/89 e nella fattispecie l’art.15 L.R.33/96 che prevede il passaggio in convenzione dei predetti lavoratori del ruolo pubblico dell’ ARAS all’Istituto Sperimentale Zootecnico della Sicilia si otterrebbe certamente il taglio degli sprechi che sta molto a cuore al Presidente della Regione Sicilia . Lei pensi ai costi sostenuti dall’ ARAS per l’affitto e le utenze degli Ufficio di Palermo che risulta ubicato in Via Principe di Belmonte quindi nel “salotto buono” di Palermo , oltre ai costi degli affitti e delle utenze dei 9 uffici provinciali e di buona parte degli uffici delle 20 sedi intercomunali dislocati nell’intera Regione che potrebbero trovare spazio all’interno delle Sezioni Operative (SOAT) tutto ciò certamente in relazione all’ attuata riforma dell’ Assessorato Agricoltura della Regione Sicilia che ora prende il nome di Assessorato dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea con uffici , azioni e programmi non solo per la “produzione vegetale” ma anche che per la “produzione animale” tutto ciò certamente all’insegna del miglioramento dei dervizi e delle certificazioni che ci richiede anche l’unione europea.

Tutto ciò genererebbe presso il fondo “Luparello” e non solo.. un luogo operativo e d’incontro a “costo zero” tra i tecnici del “ruolo pubblico dell’ARAS” preposti all’Assistenza Tecnica agli allevatori di Sicilia e la Ricerca Scientifica svolta da sempre dall’ Istituto Sperimentale Zootecnico che risulta essere una “stazione di ricerca dell’Assessorato Agricoltura” della Regione Sicilia. Quindi con tali possibili ed auspicabili aggregazioni di Enti è professionalità si otterrebbe di fatto “una piccola riforma” con evidenti e non trascurabili vantaggi per l’erario e per i tanti allevatori di Sicilia che si aspettano di essere raggiunti per migliorare ulteriormente le produzioni oltre che le specie e razze allevate in Sicilia.

D. Amico Russo si sente di rispondermi ad un’ultima domanda?

R. Assolutamente si!

D. Per la promozione del territorio siciliano e delle sue specificità agro-alimentari cosa proporrebbe all’Assessore Regionale dell’ Agricoltura Caleca?

R. Sarebbe certamente utile stimolare azioni di accoglienza nell’ambito di itinerari rurali e del turismo gastronomico per un rinnovato rapporto fiduciario diretto tra produttore e consumatore filiera corta, ma anche per la valorizzazione dei prodotti in un contesto paesaggistico, ambientale e culturale che rafforzi il legame uomo-prodotto-territorio, con la partecipazione e coinvolgendo i produttori, ad eventi e manifestazioni enogastronomiche, turistiche e promozionali come quella universale dell’Expo Milano 2015 sulla sicurezza alimentare che si svolgerà da maggio ad Ottobre dove la nostra Regione per tale evento risulta certamente ben diretta e coordinata dal Dr. Cartabellotta che in relazione alla centralità della nostra Sicilia rispetto ai paesi del bacino del Mediterraneo ne avrà grandi benefici, trovo infine assai utile che si possano sviluppare azioni coordinate verso il mondo della scuola siciliana di ogni ordine e grado per informare i giovani consumatori, sulle origini, sulla qualità (organolettica, sensoriale e salutistica) delle produzioni Siciliane e della relativa sicurezza alimentare , valorizzare il ruolo del mondo rurale, detentore del patrimonio gastronomico tradizionale del territorio isolano, attraverso la creazione di una scuola di “cucina rurale”, in collaborazione con Enti ed istituzioni specializzate nel settore, per la promozione internazionale della civiltà contadina siciliana, per come ampiamente illustrato e detto in diverse occasioni pubbliche ed in interviste televisive dall’Assessore Regionale Caleca “ridurre l’esodo dalle campagne attraverso la creazione di nuovi mestieri per i giovani agricoltori”.

Tra le principali azioni quella del marketing dei prodotti aziendali magari creando un albo, un portale telematico al servizio di una rete di produttori con prodotti certificati da integrare con l’accoglienza aziendale finalizzata ad una migliore qualità di vita del consumatore che, oltre a poter usufruire di prodotti freschi e di altissima qualità, possa godere del paesaggio del fascino delle masserie e soprattutto del benessere per il contatto diretto con la natura. Non di secondaria importanza l’offerta di piccole aree di terra per gli orti sociali a diretta gestione dei consumatori che ne fanno richiesta nonché il ruolo sociale svolto dall’attività zootecnica in termini di incentivazione delle fattorie didattiche e/o fattorie sociali sulla falsa riga del progetto interamente finanziato dalla Fondazione con il Sud denominato “El Burritto“ per l’allevamento dell’asino ragusano per la produzione del preziosissimo latte d’asina.

In sintesi trattasi di “Business Sociale” per generare o consolidare un “mestiereai giovani produttori siciliani inoltre la formazione degli attori di filiera, dal produttore al consumatore riservando una adeguata attenzione agli operatori del settore terziario, l’informazione ed educazione degli operatori della grande distribuzione, ristoratori, Opinion Leaders e mass media.Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari Siciliani è improcrastinabile la formazione degli addetti ai banconi, dei maitre, dei buyers della GDO. Ancor più importante è informare giornalisti e Opinion Leaders, non solo siciliani, sulla qualità dei prodotti siciliani nel contesto socio culturale (ruolo dell’uomo), storico, paesaggistico ed ambientale in cui vengono prodotti, stimolare sia i consumatori che i dietologi per una corretta educazione alimentare, valorizzando la dieta mediterranea, promuovere infine la sottoscrizione di specifici “ patti di filiera” , con particolare riferimento al settore lattiero caseario, per stimolare le mense aziendali, gli ospedali ed altre comunità, ad inserire nelle loro gare di appalto i prodotti rurali di alta qualità, riducendo la dipendenza dalle multinazionali e dai prodotti di massa per far si che la salute dell’uomo abbia priorità rispetto agli aspetti commerciali.

Pino Guastella
Direttore DiarioDoc

 

 

Buone notizie sul fronte dei pesticidi negli alimenti

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EFSA LogoHo ricevuto di recente la solita newsletter dell'EFSA, l'ente di ricerca europeo preposto alla sicurezza alimentare nei paesi dell'unione. Il titolo in inglese richiamava i risultati di un monitoraggio effettuato dall'ente durante il 2012 e condotto in tutti i paesi CEE. Conoscendo l'autorevolezza ed indipendenza del soggetto diffondente, esso è finanziato a tutti i paesi della comunità europea, e la positività della notizia, ho deciso di riportarvi integralmente il comunicato stampa che troverete qui sotto, finalmente una buona notizia sul fronte alimentare. Le conclusioni sono secondo me molto rassicuranti sulla bontà dei prodotti che consumiamo, il monitoraggio ha infatti evidenziato come oltre il 97% dei campioni presi in esame si collocano sotto ai limiti di legge rispetto alla quantità massima consentita di pesticidi residui, inoltre, in più del 54% dei casi non è stato possibile misurarne l'entità, come dire che esso era biologico!

Comunicato stampa EFSA dell'11 dicembre 2014

Oltre il 97% degli alimenti dell’UE contiene residui di pesticidi nei limiti di legge

Oltre il 97% di tutti i campioni analizzati nell’ambito dell’ultimo piano di monitoraggio a dimensione europea sulla presenza di pesticidi negli alimenti contiene livelli di residui che non superano i limiti di legge, con oltre il 54% dei campioni esenti da qualsiasi traccia rilevabile di fitofarmaci. Sono questi i risultati che emergono dalla relazione annuale dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) sui residui di pesticidi negli alimenti rilevati nel 2012. La relazione è basata sulle analisi di oltre 79.000 campioni alimentari eseguite da 27 Stati membri dell’UE, oltre che da Islanda e Norvegia. Nell’ambito di questo esteso piano di monitoraggio dei residui di pesticidi negli alimenti ciascuno dei 29 Paesi aderenti esegue due programmi di controllo: un programma nazionale (istituito da ciascun Paese) e un programma coordinato dall’UE, che impone a tutti gli organismi nazionali di eseguire analoghe attività di monitoraggio.

Nel 2012, nell’ambito del programma coordinato dall’UE, sono stati analizzati 12 prodotti alimentari per individuare l’eventuale presenza di 205 pesticidi diversi. In ambedue i programmi sono stati testati circa 78.390 campioni di oltre 750 diversi tipi di prodotti alimentari in relazione a quasi 800 pesticidi e metaboliti.

Dai risultati dei programmi nazionali si evince che il 97,1% dei campioni alimentari analizzati conteneva residui di pesticidi nei limiti di legge ammessi dall’UE, noti come livelli massimi di residui (LMR). Per gli alimenti biologici la percentuale di eccedenza degli LMR in confronto ai prodotti non biologici è risultata inferiore (lo 0,8% contro il 3,1%). Il tasso di non conformità degli alimenti importati nell’UE, in Norvegia e in Islanda da Paesi extraeuropei era invece cinque volte superiore a quello degli alimenti provenienti da questi Paesi (il 7,5% contro l’1,4%).

Dai risultati del programma coordinato dall’UE è emerso che il 99,1% dei campioni analizzati conteneva livelli di residui nei limiti consentiti e che quasi il 60% dei campioni non conteneva alcuna traccia quantificabile di residuo. Gli alimenti con le percentuali più elevate di eccedenza degli LMR sono stati i broccoli (2,8%), il cavolfiore (2,1%), l’uva da tavola (1,8%), i peperoni (1,4%) e le melanzane (1%). Gli alimenti con le più basse percentuali di eccedenza degli LRM sono stati i piselli privi di baccello e l’olio d’oliva (0,1% per entrambi), il grano (0,7%) e le banane (0,7%). Non è stato rilevato superamento degli LMR nel succo d’arancia né nei prodotti di origine animale (burro e uova di gallina).

L’EFSA ha inoltre condotto una valutazione per stabilire se l’attuale esposizione alimentare ai residui di pesticidi rappresenti un rischio per la salute umana, sia a lungo termine (rischio cronico) che a breve termine (rischio acuto). L’Autorità ha concluso che è improbabile che la presenza di residui di pesticidi negli alimenti nel 2012 abbia avuto effetti di lungo termine sulla salute dei consumatori. Per quanto riguarda invece l’esposizione di breve termine ai residui di pesticidi, per circa lo 0,02% degli alimenti non è stato possibile escludere rischi nel caso di un loro consumo in grosse quantità.

Link all'articolo originale con i riferimenti per scaricare i dati completi del monitoraggio

 

E' nata la pizza senza lievito

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Lievito0  01Il titolo può sembrare un po' provocatorio, ma riassume perfettamente i contenuti del "Master pizza a lievito zero" svoltosi lo scorso 16 Dicembre 2014 presso il Ristorante I Monaci di Baida, nei pressi di Palermo, e tenuto dalla Scuola Maestri Pizzaioli di Giuseppe D'Angelo e dal suo team.

La tecnica sfrutta delle semplici basi, mentre il procedimento, come tutte le cose buone, è un po' lunghetto, ma si sa, quando si parla di lievitazione, anche se di lievito non ce n'è, per avere un ottimo risultato il tempo deve essere l'ingrediente principale. In sostanza, si tratta di utilizzare le proprietà fermentative del grano spezzato, pertanto integro di germe e sostanze nutritive varie, con il quale si prepara una sorta di lievito madre (naturale) che viene utilizzato in un'unico impasto. In circa due giorni, seguiti poi dalla normale maturazione dell'impasto e conseguente lievitazione, in questo caso meglio eseguirla più estesa del normale, si riescono ad ottenere risultati perfettamente in linea con l'uso di lievito. Ovviamente i migliori risultati si ottengono utilizzando grani antichi siciliani, infatti al master erano presenti le farine dei Molini del Ponte di Filippo Drago a Castelvetrano (TP), rappresentato da Bartolo Crivello dell'azienda di distribuzione La Fenice di Santa Flavia (PA).

Lievito0  02Sicuramente, aver varcato la frontiera del lievito zero, qualifica il team che ha messo a punto questa tecnica e quindi anche il professionista che la utilizzerà, consegnando nelle sue mani strumenti di lavoro molto interessanti, c'è da dire, però, che in definitiva il lievito zero ottiene lo stesso risultato di un normale lievito madre utilizzato però senza l'uso di starter, normalmente costituito dal lievito di birra, di contro con la tecnica lievito zero viene a mancare l'impiccio dei continui rinfreschi. Comunque, in un impasto tradizionale ma utilizzando la maturazione dell'impasto, le eventuali quantità di lievito di birra utilizzate sono calcolabili in circa 1 o 2 grammi per chilo, pertanto trascurabili, quindi non dovrebbero costituire un particolare problema per il consumatore, a meno che di avere un'intolleranza particolarmente sviluppata.

Lievito0  03Al termine del corso, un lauto pranzo preparato dallo staff di cucina del Ristorante I Monaci, ha dimostrato come in cucina, con poco, si può ottenere molto. Ingredienti semplici, cucinati con maestria, hanno reso il pasto una piacevole occasione per far rimanere a tavola i partecipanti al corso, colleghi di lavoro e amici. I Monaci è inserito nell'antico Monastero di Baida con adiacente la chiesa di San Giovanni Battista, un complesso risalente al 1400, le particolari dotazioni della struttura, ampio parcheggio, sale e panorama mozzafiato sulla città, giustificano pienamente il sottotitolo "eventi in cucina" che è stato scelto per completare il nome del ristorante. Il pranzo conclusivo si è infatti svolto in una suggestiva sala, pregevolmente decorata, che probabilmente era un antico refettorio. Nella cucina de I Monaci ho trovato delle mie vecchie conoscenze, Calogero Branca, Chef della struttura ospitante, ed i due suoi valenti aiutanti, Rosario Palazzolo e Domenico Quartara, che per l'occasione hanno realizzato i piatti qui di seguito illustrati.

Lievito0  04Antipasto misto

Era composto da un tortino di melanzane e ricotta con lonzino affumicato cotto tramite una particolare marinatura di spezie in due giorni di permanenza a 4 gradi, involtini di pancetta fresca cotta al vapore con ripieno di tuma ed infine una caponata classica, anch'essa leggermente affumicata. Il tortino conteneva una ricotta molto delicata, sublime la pancetta degli involtini, anche perchè il suo taglio più spesso ne svelava facilmente la natura porchettata, infine un grande applauso va alla caponata, ben eseguita, senza olio in eccesso, soda, sapientemente affumicata con trucioli di faggio tramite una tecnica molto artigianale.

Lievito0  05Primo: busiate con ragù di finocchietto

Le busiate le avrei gradite un po' più cotte e nella salsa avrei aggiunto un pizzico di zucchero in più, ma la star del piatto era indubbiamente la carne di maiale, tritata sapientemente e ricavata da parti magre e scelte dell'animale, proprio come me la faccio a casa pure io. Infine, essendo una preparazione al finocchetto, la mia paura principale era che un eccesso di quell'aromaticità potesse coprire tutto, ma stavolta, per fortuna, non è andata così, anzi!

Lievito0  06Secondo: cosciotto di maialino cotto a bassa temperatura con salsa ai funghi di bosco

Il cosciotto di maiale e le carni ad esso assimilabili, costituiscono di solito la caporetto della cucina, esse sono abbastanza magre ed è quindi facile sbagliarne la cottura ottenendo un effetto "boccone bloccato" che non perdona nessuno. Il rimedio pero' c'è e si chiama cottura sottovuoto a bassa temperatura, in questo caso eseguita a 68 gradi, in tal modo il cosciotto è rimasto morbido e succoso, libero di far comunella con un fondo di cottura a base di funghi porcini che per fortuna, anche in questo caso, non erano particolarmente invasivi.

Lievito0  07Dessert: mousse di cioccolato al ficodindia

Le dolci origini di Calogero sono state svelate alla fine del pranzo, una volta arrivati al dessert costituito da una mousse al cioccolato con un velo di gelo al ficodindia posto sopra, sul quale era stato adagiato del pistacchio croccantizzato con pochissimo zucchero. Nulla di complicato, ma tanta tecnica e perfezione di esecuzione, dall'uso del "pate à bombe" nella preparazione della mousse, fino all'ottimo bilanciamento degli zuccheri e all'indovinato abbinamento dei sapori, insomma, roba da pasticceria!

Calogero quindi proviene da una famiglia di pasticceri, ma ha preferito la cucina alle impastatrici, egli ad oggi vanta una lunga esperienza in Sicilia ed in giro per il mondo, ma anche in ristorante stellati, come quello di Nino Graziano a Mosca, dove si è trovato impegnato durante una stagione. Il suo segreto per riuscire bene in campo lavorativo è facilmente intuibile ed è quello comune ad altri suoi colleghi che danno il massimo in cucina: la passione.

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La bella storia di Nino Terrana

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Terrana2015 01Lo scorso 23 Novembre 2014, ho ricevuto un'email da Nino Terrana, novello appassionato di panificazione con i grani antichi siciliani ed oggi, insieme alla sua famiglia, alla guida di Mastro Focaccina, una giovane azienda molto attenta alla qualità dei suoi prodotti situata in Via Galletti, alla periferia est di Palermo, a ridosso del paese di Villabate, locale da me successivamente visitato e recensito il 20 Febbraio 2015. Lo scritto è interessante perchè evidenzia come è possibile creare il proprio lavoro dal nulla, anzi, da una propria passione e con sacrificio, il lavoro del panettiere come si svolgeva una volta prevede un turno che inizia alle 2 di mattina, ma anche con la grande soddisfazione proveniente dal miglioramento della vita dei propri clienti, grazie alla scelta di produrre onestamente ed in modo genuino. Pertanto, riflettendo su queste mie considerazioni, ho maturato l'idea che sarebbe stato utile pubblicare integralmente le appassionate parole di Nino Terrana, onde portarne a conoscenza anche i lettori di CucinArtusi.it.


Terrana2015 02Caro Maurizio, ti accennavo l’altro giorno per telefono della nostra incredibile realtà di artigiani “improvvisati”, mio fratello (Mimmo) un anno e due mesi or sono inaugura questo locale che doveva limitarsi a fare da pizzeria e gastronomia di qualità, lo staff di partenza era costituito da mio fratello che è il pizzaiolo ufficiale e fa parte della FIP, mia moglie (Rossella, laureata in scienze naturali ed appassionata di cucina) la cuoca, mio padre (40 anni di bar all’ex Jolly Hotel di Palermo) come super visore, io alle consegne ai domicili ed il resto della famiglia (mia sorella e mia madre) sempre pronto ad aiutare.

Nel 2007 ho conseguito una laurea in scienze della natura e dopo un annetto trovo lavoro come operaio presso una fabbrica. A giugno del 2013 mi licenzio ed a settembre dello stesso anno, io, che non avevo mai messo le mani in pasta ed ero assolutamente profano di tutto quello che riguardava questo lavoro, decido di ritagliarmi sin da subito lo spazio che riguardava i biscotti, non tanto perché mi piaceva bensì perché era l’unico reparto al quale non si poteva dedicare nessuno perché non aveva tempo di farlo. Quindi a parte i domicili la sera per le pizze il mio compito da subito è stato quello di dedicarmi ai biscotti. La cosa inaspettata e non prevista da nessuno ne tanto meno dal sottoscritto era la mia predisposizione innata per questa materia che me l’ha fatta amare da subito e la voglia sfrenata di saperne sempre di più che da allora non mi ha più abbandonato. Cominciai a ricercare ricette antiche (mi sentivo sempre più attratto dalle tradizioni e dalle culture d’altri tempi), cominciai con quelle di mia madre e poi spostai il campo verso quelle di qualche conoscente e parente dell’entroterra siciliano dove trovai ricette particolari vecchie diversi secoli, insomma, partì questa avventura che attualmente è sempre più stimolante.

Paradossalmente la mia ignoranza in materia mi ha portato a sperimentare e sconfinare oltre le solite ricette caratterizzate da farina 00, burro, uova, ecc., tant’è che nessuno mi prendeva in considerazione quando cominciai a fare biscotti solo con semole integrali e senza grassi animali. Scoprì che in questa materia posso veramente dare libero sfogo alla mia fantasia ed alla mia curiosità. La mia esperienza lavorativa iniziale si traduce in due mezze giornate di lavoro nel panificio di due amici miei (Giuseppe e Giovanni) a Mezzojuso (Pa), i quali mi hanno indirizzato come solo due professionisti sanno fare, insegnandomi la mia prima tecnica di lavorazione.

Il 26-01-2014 creo Lazzaro (il mio Lievito Madre) e a fine marzo finalmente comincio a panificare o meglio a muovere i primi passi: pane che non lievitava, che non prendeva colore, ecc… ancora oggi non mi spiego come la gente, nonostante questa mia carenza di tecnica e di semole adeguate, in qualche modo apprezzasse lo stesso un pane che non rassomigliava affatto al pane che tutti conoscono o che pensano di conoscere, forse perché riconoscevano in esso un prodotto genuino, chi lo sa. Soltanto dai miei errori ho imparato veramente col tempo e continuo ad imparare, sperimentando e spaziando con diverse semole siciliane, un giorno (dietro una mia e-mail di spiegazioni sui grani che utilizzassero) mi chiama al locale il cavaliere di una noto pastificio italiano col quale mi improvvisai giornalista ponendogli mille domande, visto che mi ero appena affacciato al panorama delle semole e la mia conoscenza era pari a quella di un bambino che comincia dall’asilo. Dopo quella telefonata cominciai a spiegarmi alcuni dei tanti perché che ruotano attorno al mondo del frumento ma soprattutto questi perché a cui volevo dare una risposta, che avevo all’inizio della chiacchierata col gentile cavaliere, si erano moltiplicati, così cercai di addentrarmi sempre più nella sterminata giungla del frumento scoprendo le realtà più schifose che rispondono ad un’unica legge: fare profitto, a tutti i costi anche quando il soggetto in questione è un bambino. Ad un certo punto finalmente intravedo il sole in lontananza e dopo un po’ sbuco nella splendida prateria dei GRANI ANTICHI SICILIANI.

Cominciai a conoscere la bellezza dei nostri grani con Molini del Ponte di Filippo Drago, con l’Università di Agraria, con la Stazione Sperimentale di Granicoltura Siciliana (dove conobbi te, Giuseppe Russo, Nello ed il direttore Venora) ), poi un giorno bussò alle nostre porte Bonetta dell’Oglio con cui abbiamo condiviso mezza giornata al cinefestival di Taormina per un evento dove abbiamo portato i nostri “tumminelli” (biscottini fatti con Tumminia ed olio E.V.O.), e da li il via con l’ agronomo Arturo Genduso, la dottoressa Adele Traina e i suoi collaboratori che si occupano di corretta alimentazione e stile di vita all’A.R.N.A.S. Civico con cui c’è in corso un bel progetto di prevenzione che riguarda un espositore di biscotti salutaristici, alcuni negozi di qualità di Palermo (Colle Verde, Prezzemolo e Vitale, ecc.), la CO.DI.FAS, la palestra The Best di Villabate, L’erboristeria storica di via Bernabei (Pa), alcune scuole, il S.O.A.T. di Misilmeri con cui sensibilizzeremo l’argomento “grani antichi” nelle scuole, ecc…

A giugno un altro laureato è entrato a far parte della nostra famiglia di neo-artigiani (mio cognato Filippo che dopo qualche anno di dottorato in biotecnologia, a scadenza del progetto, si è trovato fuori dal laboratorio, povera patria.. cantava Battiato), per noi è stato un grande acquisto visto che da sempre, al contrario del sottoscritto, ha avuto le mani in pasta ma soprattutto essendo in parte di Mezzojuso possiede anche una bella cultura in materia di pane e biscotti che non guasta affatto alla nostra causa. Da una settimana per essere ancora più sicuri delle semole che utilizziamo, abbiamo piantato in alcuni suoi terreni la varietà di grano antica Bidì (Senatore Cappelli) in biologico seguiti da Arturo (chissà dove ci porterà anche quest’altra avventura di contadini). Da quando sono cominciate le prime testimonianze sui benefici che apporta il nostro pane (alcune pure divertenti tipo: ormai ho messo il "gaviscon" da parte) ci sentiamo in qualche modo sempre più responsabili ed incentivati a portare avanti un informazione pulita che non esiste o quanto meno esiste ma non è ancora abbastanza per l’ignoranza radicata che c’è in giro, non ti nego che a volte facciamo veramente fatica a far comprendere certe verità alla gente. Non c’è soddisfazione più grande alle nostre tante ore di fatica e di ricerca continua di prodotti sempre più salutaristici quando i nostri clienti trovano giovamento fisico nel mangiarli, a tal proposito amo dire che il nostro non è il classico laboratorio per dolci ma è un vero e proprio laboratorio di ricerca fatto anche di risorse che non trovi in giro per i comuni laboratori (inulina, maltitolo, fibre naturali, ecc…) utili per creare ad esempio biscotti particolari per chi soffre di certe patologie.

In conclusione, sentivo di raccontare la nostra breve e spero promettente storia soprattutto perché la reputo un bel calcio nel sedere a questa realtà che ci tiene sempre più sotto pressione e ci priva del nostro innato senso del metterci in gioco sempre in ogni caso. Il “male” ci vuole tutte pecore depresse senza lavoro e quando ce l’hai, in molti casi è un lavoro che purtroppo ti impoverisce giorno dopo giorno dell’unica cosa che ci rende veramente uomini: la dignità.

Nino Terrana, alias Mastro Focaccina

 

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